LUCIANO, "ALESSANDRO O IL FALSO PROFETA"

 

 

Alessandro o il falso profeta non è un dialogo, ma un libello satirico scritto da Luciano di Samosata (120 - circa 180 d.C.) nell'anno 180, leggibile per intero qui nella colorita traduzione ottocentesca di Luigi Settembrini (Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini, Le Monnier, Firenze, 1861).

La composizione dell'opera prende spunto da un fatto d'attualità: un'oscura città situata sulla costa settentrionale dell'Asia Minore nella seconda metà del II secolo si trasformò in un centro famoso, meta di pellegrini provenienti da ogni parte per consultare l'oracolo che vi aveva sede. Il "merito" di tutto ciò va attribuito ad Alessandro, lo spregiudicato avventuriero e falso profeta protagonista dello scritto di Luciano, che ne traccia un preciso profilo, dal quale emerge anche il diffuso clima di ansiose aspettative verso un tramite col soprannaturale tipico del II secolo d.C., clima che favorì l'affermarsi di molti profittatori.

Per certi versi l'Alessandro rientra nel genere delle biografie, o meglio ancora dell'agiografia (vite di santi), ma in un'ottica antifrastica: qui si pone in evidenza non un modello da imitare, ma un esempio da evitare. Luciano, con una felice vena d'ironia, prende di mira il falso profeta ma anche i facili creduloni: chi plagia e chi si lascia plagiare sono corresponsabili dell'offesa alla ragione. Esplicito e dichiarato è il favore di Luciano verso la razionalità di Epicuro.

L'autore, con raffinata ironia, racconta di un sedicente mago e indovino, diventato famoso ad Abonuteico (antico centro portuale sul Mar Morto, oggi Jnebolu), nel II secolo d.C.

Alessandro o il falso profeta è la storia di un grandioso mistificatore, del quale rimangono tracce in gemme, monete, iscrizioni.

Alessandro si presenta all’inizio come un avventuriero pieno di sogni, che voleva superare la gloria di Alessandro Magno. E di fatto non riuscì a poco. Nato nell’oscura Paflagonia, di aspetto bellissimo (come Luciano stesso ammette e sottolinea), cominciò la sua carriera prostituendosi e sfruttando un’amante matura. Ma ben altre erano le sue aspirazioni: attraverso una serie di vicende e di trucchi esilaranti riuscì a fondare un tempio oracolare dedicato al dio Glicone - serpente antopomorfo assimilato ad Asclepio - del quale egli era sacerdote e indovino. Le folle vi accorrevano e lo ammiravano come un dio.

 

 

Statuetta del dio Glicone


Il credito riscosso in questo modo fu enorme e - ovviamente - anche le ricchezze che ne seguirono.

Ben presto la fama di Alessandro crebbe in tutta la Grecia e a Roma stessa anche per l'appoggio che ricevette da un personaggio influente, l'ex console Rutiliano, al quale il "profeta" diede in moglie una figlia che si vantava di aver generato con la Luna [sic!].
Esilaranti le descrizioni relative agli inganni e alle diavolerie usate da Alessandro per abbindolare i creduloni ed estorcere loro un bel po' di quattrini:

 

ἐθελήσας δὲ καὶ μειζόνως ἐκπλῆξαι τὸ πλῆθος, ὑπέσχετο καὶ λαλοῦντα παρέξειν τὸν θεόν, αὐτὸν ἄνευ ὑποφήτου χρησμῳδοῦντα.  εἶτα οὐ χαλεπῶς γεράνων ἀρτηρίας συνάψας καὶ διὰ τῆς κεφαλῆς ἐκείνης τῆς μεμηχανημένης πρὸς ὁμοιότητα διείρας, ἄλλου τινὸς ἔξωθεν ἐμβοῶντος, ἀπεκρίνετο πρὸς τὰς ἐρωτήσεις, τῆς φωνῆς διὰ τοῦ ὀθονίνου ἐκείνου Ἀσκληπιοῦ προπιπτούσης.

 

"Poiché sperava di stupire la folla ancora di più, promise di mostrare il dio che parlava e dava oracoli personalmente, senza un profeta. Non fu cosa difficile per lui collegare insieme tubi attraverso i quali passasse l’aria e farli passare attraverso la testa che egli aveva modellato in modo che fosse come viva. Quindi rispondeva alle domande mediante qualcuno che dall’esterno parlava nel tubo in modo che la voce uscisse da quella immagine di Asclepio".