Masolino D’Amico, nel saggio che accompagna una
recente edizione della Salomè di
Oscar Wilde (ES
2010), definisce
Salomè "il
personaggio femminile
più emblematico per la sensibilità della cosiddetta decadenza. Salomè è infatti
l’ultima incarnazione del mito romantico della donna fatale, corrotta e innocente
al tempo stesso, irresistibile e distruttrice; un mito che si incarna di volta
in volta nella Belle Dame Sans Merci di Keats, nella Carmen di Merimée,
nella Monna Lisa di Leonardo descritta da Walter Pater. In Salomè questa femme
fatale assume i connotati estremi nel segno della decadenza: estrema è la
crudeltà (e allo stesso tempo, l’innocenza); estrema è la giovinezza (già nel Medioevo
Salomè viene rappresentata come poco più di una bambina); estrema è
la carica sacrilega del mito, ed estrema è la componente erotica (la danza discinta,
il sangue)».
Franz
Von Stuck, Salomè
e la danza dei sette
veli, 1906
|
Artisti
e letterati di ogni
epoca hanno subito
il fascino di questo
archetipo femminile,
ma senza dubbio
la corrente letteraria che
ne risentì
maggiormente fu
il Decadentismo,
come testimonia
bene l'arte
figurativa:
il solo Gustave
Moreau dedicò
a Salomè
numerosi dipinti, due
dei quali celebrati
con toni entusiastici
da Huysmans
in À Rebours.
Salomè
è dunque
la femme fatale
per definizione,
personificazione
stessa della donna
dèmone o
donna vampiro
che così
irresistibilmente
attrae gli uomini
alla ricerca di
sensazioni forti,
la perfetta sintesi
di eros
e thanatos
di cui
la sensibilità
malata dell'esteta
decadente ha bisogno
per vincere la noia
che lo attanaglia
e gli fa sembrare
vuote e prevedibili
le donne "normali".
|