JORIS KARL HUYSMANS: SALOME'

 

 

J. K. Huysmans, in À rebours, così descrive la passione del protagonista Des Esseintes per la pittura di Moreau e la figura di Salomè:
"Via via che diveniva più acuto il suo desiderio di sottrarsi a un’odiosa epoca di tangheri indegni, diveniva per lui dispotico il bisogno di non più vedere quadri che rappresentassero l’umana effigie almanaccante entro quattro mura del centro di Parigi e sguinzagliata per le strade in cerca di denaro.
Dopo essersi disinteressato dell’esistenza contemporanea, aveva deciso di non introdurre nella sua cellula larve di ripugnanze o di rimpianti; aveva dunque voluto una pittura sottile e squisita che attingesse in un antico sogno, in una corruzione vetusta, lungi dai nostri costumi e dai nostri giorni.
Aveva voluto, per diletto del suo spirito e la gioia dei suoi occhi, alcune opere suggestive che lo gettassero in un mondo sconosciuto, gli rivelassero le tracce di nuove congetture, gli scuotessero il sistema nervoso con eruditi isterismi, con complicati incubi, con visioni indifferentemente atroci.
Fra tutti, v’era un’artista il cui talento lo rapiva in lunghe estasi: Gustave Moreau.
Aveva acquistato i suoi due capolavori e, per notti intere, sognava davanti a uno di essi, il quadro di Salomé così concepito: sorgeva un trono simile all’altare maggiore d’una cattedrale, sotto innumerevoli volte sprizzanti da colonne tarchiate come pilastri romanici, smaltate di mattonelle policrome, incrostate di mosaici, incastonate di lapislazzuli e di sardoniche, in un palazzo simile a una basilica, di un'architettura a un tempo musulmana e bizantina. Al centro del tabernacolo che sormontava l’altare preceduto da gradini a semicerchio, era seduto il tetrarca Erode, con una tiara in testa, le gambe riunite, le mani sulle ginocchia. Il volto era giallo, incartapecorito, pieno di rughe, devastato dall’età, la sua lunga barba fluttuava come una nuvola bianca sulle stelle di pietre preziose che costellavano la stoffa ricamata d’oro sul suo petto.

 

Gustave Moreau, Salomè danza davanti ad Erode, 1874-6
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Intorno a questa statua, immobile, fissata in una posa ieratica da divinità indù, bruciavano profumi levando nubi di vapori, forati, come da occhi fosforescenti di felini, dal fuoco delle gemme incastonate nelle pareti del trono. Poi il vapore saliva e si stendeva sotto le arcate, dove il fumo bianco si frammischiava alla polvere d’oro dei grandi fasci di luce che cadevano dalle cupole.
Nell’odore perverso dei profumi, nell’atmosfera surriscaldata di quella chiesa, Salomé, col braccio sinistro teso in un gesto di comando, il braccio destro piegato, tenendo all’altezza del volto un grande loto, si avanza lentamente sulle punte, agli accordi di una chitarra di cui una donna rannicchiata pizzica le corde.