FOSCA, LA DONNA-VAMPIRO

 

 

Vorrei essere un’iena, addentrarmi nei sepolcri e pascermi delle ossa dei morti.

A questo mondo io non vedo che teschi e stinchi. Se una donna mi bacia, io non sento che freddo;

se mi sorride, vedo i suoi denti muoversi senza gengive, minacciando di uscire di bocca; se mi abbraccia,

non ho che la sensazione di un corpo stringente e pesante come la creta.

(Iginio Ugo Tarchetti, da Pensiero)

 

Iginio Ugo Tarchetti nacque a San Salvatore Monferrato, vicino ad Alessandria, nel 1839. Studiò a Casale e a Valenza, e si arruolò giovane nell'esercito. Le cronache del suo tempo ci descrivono Tarchetti come un giovane alto all'incirca un metro e ottantaquattro, con volto ovale, il naso diritto, gli occhi azzurri. Un bell'uomo, capace di provare e scatenare grandi passioni.

 

 

Ugo Iginio Tarchetti

 

Un aspetto di re merovingio avea […] un chiomato romanziere, al quale Clara Maffei inviava, spesso, in segno di ammirazione, qual saluto mattutino, de’ fiori. Egli, al pari del Tommaseo, sorgeva a difensore della donna: qualche critico oggi lo chiamerebbe un “féministe”. Era il romantico Iginio Ugo Tarchetti, d’Alessandria, nato nel 1841; il quale proclamava al pari d’un altro sconfinato ingegno, Carlo Bini: “La virtù del sacrificio e dell’amore non ha limiti nel cuore della donna” non pensando quante donne, specialmente le mal maritate, sono la rovina di giovani onesti e d’oneste famiglie: ma quante altre sventurate (è vero) sono spinte al male da noi!

(Raffaello Barbiera, Il salotto della contessa Maffei, Treves)

 

Era alto, di complessione forte e gentile, aveva faccia di Nazareno, talvolta sdegnosa, per lo più mite; guardava superbamente gli uomini ignoti per paura che gli fossero avversari, ma con gli amici il suo sorriso buono si apriva alla confidenza, e sempre, sempre, io lo vidi ricercare il cielo mormorando versi di Heine, o di Shakespeare, o di Byron. Le donne egli le amava soltanto; troppo le amava, e perciò non poteva trovarsi bene nella compagnia di molte insieme. Una gli bastava, e a quell’una imprestava per un’ora, per un giorno o per un anno, tutta la sua tenerezza, tutta la sua idealità d’artista.

(Salvatore Farina, Care ombre, La mia giornata, S.T.E.N.)

 

Verso il mese di novembre dell'anno 1865 Tarchetti si trovava a Parma, ove aveva incarichi militari. Nella città emiliana Tarchetti conobbe una donna, una certa Carolina (o Angiolina, sul nome c'è incertezza), parente di un suo superiore. Essa era malata di epilessia e prossima alla morte. Pur non essendo bella, ella suscitò subito un'attrazione da parte dello scrittore, forse per i grandissimi occhi neri e le trecce color ebano. Tarchetti stesso ci descrive la donna: "Quell’infelice mi ama perdutamente… il medico mi disse che morrà fra sei o sette mesi, ciò mi lacera l'anima, vorrei consolarla e non ho il coraggio, vorrei abbellire d'una misera e fuggevole felicità i suoi ultimi giorni e v'ha la natura che mi respinge da lei".

La relazione fra i due fu uno scandalo, ma la donna fu l'ispirazione più diretta di Tarchetti per la creazione del personaggio di Fosca.

Nel 1865 Tarchetti abbandonò la vita militare, adducendo la ragione a motivi di salute, e si trasferì a Milano, dove entrò in contatto con gli ambienti della Scapigliatura. Nel capoluogo lombardo trascorse i suoi ultimi anni conducendo una frenetica attività letteraria, scrivendo articoli, romanzi, racconti e poesie.

Malfermo di salute, morì di tifo nel 1869, a soli trent’anni. La sua morte precedette quella della malata Carolina, la quale sopravvisse a Tarchetti e onorò la scomparsa del poeta mandando fiori alla sua lapide il novembre di ogni anno.

Iginio Ugo Tarchetti è oggi sepolto nel Cimitero Monumentale di Milano.