Nato
a Maronea in
Tracia (o, secondo
altri, a Creta),
Sòtade
operò ad
Alessandria
verso il 280
a.C. Scrisse
poemi lascivi
chiamati φλυάκες
o
κίναιδοι in
dialetto ionico,
da cui essi
furono chiamati
anche ἰωνικοὶ
λόγοι
(cfr. Suda e
Ateneo); furono
detti anche
σωτάδεια
ᾄσματα.
Noi li
conosciamo come
"carmi
per i cinedologhi",
ovvero componimenti
destinati ad
attori-ballerini
assai effeminati
che si esibivano
in danze mimiche
particolarmente
lascive.
Un
altro esempio
di questo tipo
di componimento,
a detta di Suda
e di Ateneo,
è l'opera
di Alessandro
Etolo, Pirro
(o Pires) di
Mileto, Alessa,
Teodoro, Timocarida e
Senarco. Strabone
comunque (XIV
p. 648) attribuisce
l'inizio di
questo genere
a Sotade, che
a suo dire,
come il suo
successore Alessandro
Etolo, scrisse
in prosa, mentre
Liside e
Simo scrissero
in versi; ma
c'è qualche
errore in questa
affermazione,
perché
abbiamo espressa
informazione
del tipo di
metrica che
Sotade impiegò.
Ateneo
fa riferimento
a commentari
su Sotade e
sulla sua opera
scritti da suo
figlio Apollonio
e da Caristio
di Pergamo.
Sembra che egli
abbia avuto
molti imitatori,
anche in Roma,
dove Ennio
ed Accio
si dice abbiano
composto poemi
dello stesso
genere; e perfino
il prete Ario
(III-IV secolo
d.C.) fu accusato
da Atanasio
di scrivere
in uno stile
vicino ai "poemi
sotadei".
Tuttavia
di lui ci
restano pochissimi versi
e qualche titolo:
la censura e
la damnatio
memoriae sembrano
avere avuto
effetto.
Il
metro che egli
usava generalmente,
e che fu chiamato
da lui verso
sotadeo, era
un tetrametro
brachicatalettico
ionico a maiore,
che comunque
ammetteva diverse
variazioni.
Lo schema
di base è
il seguente:
Secondo la tradizione Sotade fu l'inventore del palindromo
(sequenza di caratteri che, letta a rovescio, rimane identica),
genere nel quale
era un vero
e proprio virtuoso.
Ma
la sua figura
resta legata
alla terribile
vicenda di cui
fu protagonista,
utile fra l'altro
per smentire
un luogo comune
consolidato:
si tratta infatti
di uno dei pochi
provvedimenti
censorii
di cui abbiamo
notizia per
i primi Tolomei.
Sembra infatti
che Sotade abbia
portato la sua
satira lasciva
e aggressiva
a limiti
estremi; questo
emerge chiaramente
dalla testimonianza di
Suda. Le
libertà
che egli si
concesse alla
fine gli causarono
seri guai e
gli costarono
la vita:
stando infatti
alla testimonianza
di Plutarco nei
Moralia
(De liberis
educandis 11a)
egli portò
un violento
e grossolano
attacco contro
Tolomeo II
Filadelfo in
occasione del
suo matrimonio
con la sorella
Arsìnoe
II.
Moneta
raffigurante
Arsinoe
II
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Leggiamo
il passo plutarcheo:
Σιωπήσας μὲν οὐδεὶς
μετενόησε, λαλήσαντες δὲ παμπληθεῖς. Καὶ τὸ μὲν σιγηθὲν ἐξειπεῖν ῥᾴδιον, τὸ δὲ
ῥηθὲν ἀναλαβεῖν ἀδύνατον. Μυρίους δ' ἔγωγ' οἶδ' ἀκούσας ταῖς μεγίσταις
συμφοραῖς περιπεσόντας διὰ τὴν τῆς γλώττης ἀκρασίαν. Ὧν τοὺς ἄλλους παραλιπὼν
ἑνὸς ἢ δυεῖν τύπου ἕνεκεν ἐπιμνησθήσομαι. Τοῦ γὰρ Φιλαδέλφου γήμαντος τὴν
ἀδελφὴν Ἀρσινόην Σωτάδης εἰπών
εἰς
οὐχ ὁσίην τρυμαλιὴν τὸ κέντρον ὠθεῖς
ἐν δεσμωτηρίῳ πολλοὺς
κατεσάπη χρόνους καὶ τῆς ἀκαίρου λαλιᾶς οὐ μεμπτὴν ἔδωκε δίκην, ἵνα δὲ γέλωτα
παράσχῃ τοῖς ἄλλοις, αὐτὸς πολὺν χρόνον ἔκλαυσεν.
Nessuno s'è mai pentito di
aver taciuto; moltissimi, invece, di aver parlato. È facile dire ciò
che si è taciuto, ma riafferrare quel che si è detto è impossibile.
So per sentito dire che un'infinità di persone è piombata nelle più
gravi sventure per non aver saputo tenere a freno la lingua.
Tralasciando gli altri, mi limiterò a menzionare uno o due casi, a mo'
di esempio. Quando il Filadelfo sposò la sorella Arsìnoe, Sotade gli
disse:
Tu
spingi il pungolo in un foro proibito.
Così
marcì molti anni in prigione, pagando il non biasimevole fio di un
parlare inopportuno, e per far ridere gli altri finì lui per piangere a
lungo.
Sdegnato
per questo attacco
pubblico fin
troppo esplicito,
il Filadelfo
chiuse la
bocca a Sotade
facendolo sbattere
in prigione,
dove marcì
a lungo. Ma
Plutarco (non
si sa se per
scelta o per
ignoranza dei
fatti) sorvola
sul resto, che
è ben
peggio.
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