IL "PERTURBANTE": FREUD E HENRY JAMES

 

 

A buon diritto, a questo punto, la Damasso può concludere che "gli ingredienti del perturbante freudiano ci sono praticamente quasi tutti, e sono perfettamente dosati da James, che annuncia che con questa storia ha effettuato una incursione nel caos. Quello che non vuol chiarire è però se questo caos appartiene alla coscienza o alla realtà: 'Rendere denso come una fitta pasta il soggetto della mistificazione della mia giovane amica, della mia immaginaria narratrice, e tuttavia mantenere l’espressione così chiara e fine che ne risultasse bellezza: nessun aspetto della cosa rivive per me quanto quello sforzo'.

Non dà mai una spiegazione esplicita: “chiedersi se la credenza negli spettri possa esser ricondotta alla teoria scientifica delle allucinazioni, gli sembra un problema vuoto e superficiale”, e tuttavia la pazzia è quasi palpabile negli eventi, nei pensieri, forse anche negli ambienti che si deformano sotto i nostri occhi e sembrano dilatarsi o comprimersi come se fossero riflessi da specchi deformanti. Ogni cosa nel racconto oscilla tra un realismo puntuale e concreto e una dimensione immaginaria, quasi quel “sognare ad occhi aperti (teatro privato)” che si anima di vita fittizia e si sostituisce alla realtà effettiva in quella che Freud chiama assenza allucinatoria.

A questo punto dovrebbe risultare evidente che qualunque sia la collocazione di genere, ghost story o psychical case, che gli si voglia attribuire, il racconto di James presenta praticamente la più parte degli elementi che Freud andava individuando alla radice del perturbante e soprattutto James sottopone i lettori all’effetto perturbante, sollecitando in loro ora percezioni, ora riflessioni, ora piacere, ora disagio, per qualcosa che in qualche modo, mentre risulta familiare, continua ad essere sfuggente, o per meglio dire difficilmente classificabile secondo i canoni della ragione.

 

 

Flora e Miles in Suspence (The innocents)

 

Ha introdotto i bambini per dare un giro di vite, ed ha attribuito loro una purezza angelica per farli diventare sospetti. Ha tirato in ballo le innocenti superstizioni per mascherare meglio un delirio crudele… Ma l’artificio più grande sta nell’essersi egli stesso calato dietro tanti artifici e nell’essersi trincerato nella pura tecnica letteraria. Egli ha saputo sviluppare l’arte di nascondere, di nascondersi.

L’Unheimliche provocato da James ha dunque una sorgente ulteriore e niente affatto secondaria, che è la sapienza dell’artista.

L’effetto perturbante di Giro di vite, così come quello di molti racconti di Edgar Allan Poe o di Guy De Maupassant o di Dino Buzzati e di molti altri scrittori (anche dei migliori scrittori di letteratura di consumo), non è riducibile alla semplice somma di elementi (spettri, isteria, fattore infantile, sessualità rimossa e quanti altri abbiamo fin qui esaminato): l’effetto perturbante in arte, come l’effetto comico quello tragico o quello elegiaco, è creazione e tecnica.

Del resto proprio su questo potere dell’arte anche Freud chiude il suo saggio, esprimendo un esplicito tributo alla libertà del poeta. “Tra le molte libertà concesse ai poeti c’è anche quella di scegliersi a loro capriccio il mondo che vogliono rappresentare, in modo che coincida con la realtà a noi consueta oppure se ne allontani in qualche modo. In ogni caso noi li seguiamo”. E quando il poeta decide di provocare nei lettori quello che finora è stato chiamato effetto perturbante può superare di gran lunga la realtà. “In questo caso egli fa proprie anche tutte le condizioni che nell’esperienza reale sono all’origine del sentimento perturbante; e tutto ciò che ha effetto perturbante nella vita l’ha anche nella poesia; ma in questo caso il poeta può anche accrescere e moltiplicare il perturbante ben oltre il limite possibile nell’esistenza reale, facendo succedere eventi che nella realtà non sperimenteremmo o sperimenteremmo molto di rado. Egli ci abbandona allora in certo modo alla superstizione che ritenevamo in noi superata, ci inganna promettendoci la realtà più comune e poi invece la scavalca”."

E' appunto in questo inganno, che ci irretisce e ci tiene con il fiato sospeso dall'inizio alla fine, che consiste il principale fascino di questo capolavoro dell'arte di Henry James.