La nuova teoria prese l’avvio nel 1968 da un’osservazione del fisico
italiano Gabriele Veneziano, a quel tempo ricercatore presso il CERN
di Ginevra.
Egli stava analizzando una serie di dati sperimentali riguardanti la forza
nucleare forte, quando notò che una formula utilizzata per descrivere una classe
di curve geometriche, la cosiddetta “funzione beta”, inventata 200 anni
prima dal matematico svizzero Leonhard Euler (meglio noto con il nome
latinizzato di Eulero), forniva un’utile sistemazione matematica
dell’argomento che stava studiando.
L’intuizione di Veneziano venne in seguito ampliata e si scoprì che se
le particelle elementari venivano assimilate a fili vibranti (detti stringhe o
corde, in inglese string), invece che ad enti puntiformi privi di
struttura interna come suggeriva il cosiddetto Modello Standard (lo strumento
concettuale che è stato utilizzato, nel corso del Novecento, per spiegare il
comportamento delle particelle elementari), la funzione beta avrebbe descritto
con altrettanta coerenza le interazioni fra particelle.
Le stringhe (non ci si lasci ingannare dal nome) sono fili infinitamente
corti e sottili, tanto che risulterebbero invisibili anche se venissero esaminati
da strumenti miliardi di volte più potenti di quelli attualmente disponibili:
si tratta di strutture le cui dimensioni sono vicine alla
cosiddetta lunghezza di Planck (corrispondente
a 10-33 cm), la più piccola concepibile
in fisica, ma che vengono tese con una forza incredibilmente grande: fino a 1039
tonnellate.
Max
Planck
Sarebbe proprio questa enorme tensione a determinare la frequenza di
vibrazione: più essa è grande, maggiore è la massa della particella associata,
e di conseguenza maggiore è la forza di gravità che questa particella esercita
sulle altre.
In
questo modo la teoria delle
superstringhe collegherebbe genialmente la gravità descritta dalla relatività generale con
la struttura delle particelle elementari descritta dalla meccanica quantistica.
Questo
comporta un
fondamentale
salto di qualità.
Infatti, con le
loro teorie, Newton ed Einstein si limitavano a spiegare un
fenomeno di cui già si
aveva esperienza diretta; nel caso della teoria delle stringhe la gravità si
trova invece direttamente incorporata nel suo nucleo teorico, tanto che, anche
qualora non ci fosse stata alcuna esperienza precedente di questa forza, essa
sarebbe emersa come conseguenza della teoria stessa. In altri termini la teoria
delle superstringhe non spiega, ma prevede l’esistenza della gravità, perché da essa
emergono spontaneamente tutte e quattro le particelle mediatrici (o messaggere)
delle interazioni fondamentali e la loro unificazione avviene in modo naturale.
I modi di vibrazione di questi fili sottilissimi e cortissimi,
spesso
chiusi ad anello, generano tutte le particelle elementari che costituiscono il
nostro Universo, un po’ come una corda di violino più o meno tesa
genera un numero praticamente infinito di toni musicali.
Non siamo
lontani dal
concetto di
vibrazione musicale
come base di
tutto l'esistente.
Il prefisso super fu
aggiunto alla teoria delle stringhe quando si scoprì che la teoria stessa
possedeva una supersimmetria, cioè quando ci si rese conto che ad ogni
particella di materia corrispondeva una particella di forza e viceversa.
Per capire di cosa si tratta si deve sapere che le particelle elementari
si dividono in due grandi famiglie: “fermioni” (dal nome del fisico italiano
Enrico Fermi) e “bosoni” (dal nome del fisico indiano Satyendra Bose). Della
prima famiglia fanno parte le particelle di materia come elettroni e quark;
della seconda le particelle mediatrici delle forze come fotoni e gravitoni.
Ebbene, la supersimmetria afferma che ad ogni particella conosciuta ne
corrisponde un’altra di aspetto sconosciuto ma di comportamento simile.
A
queste particelle, nonostante nessuno le abbia mai viste, è stato peraltro
assegnato un nome: per esempio, simmetrica al fotone (la particella
mediatrice della forza elettromagnetica) corrisponde il fotino
(particella materiale); il partner simmetrico del quark (un fermione) è
il bosone s-quark, e così via.
La
teoria delle superstringhe comprende ben cinque varianti, denominate tipo I, tipo IIA, tipo IIB, eterotica O ed eterotica E,
tutte teorie molto simili fra loro ma non identiche. Di simile hanno ad esempio
il fatto che tutte quante necessitano di nove dimensioni dello spazio (oltre a
quella temporale, per un totale di dieci dimensioni) entro cui poter agire, e non solo delle tre di cui abbiamo
percezione diretta.
Di queste complessive dieci dimensioni sei sono invisibili,
risultando strettamente accartocciate su sé stesse (con termine tecnico si
dicono compattificate, un obbrobrio lessicale) perché “strangolate”
dalle stringhe che si avvolgono intorno ad esse (come fossero elastici che stringono
la camera d’aria di una bicicletta) impedendo loro di espandersi.
|