THEO E VINCENT VAN GOGH

 

 

Le numerose lettere che Vincent van Gogh (1853-1890) scrisse al fratello Theo non sono soltanto un documento essenziale per ricostruire il percorso artistico del grande pittore olandese e la crisi interiore che lo portò alla follia ed al suicidio, ma anche una preziosissima testimonianza di un fenomeno alquanto raro: lo straordinario amore tra i due fratelli, così intenso da poter quasi parlare di simbiosi.

Dei due, però, quello che dedicò interamente la propria esistenza all'altro fu Theo, per cui è proprio a lui, e non al fratello genio, che voglio dedicare il mio capitolo.

 

 

Vincent e Theo Van Gogh

 

Theo era di poco minore rispetto a Vincent (quattro anni), al quale assomigliava in modo impressionante (si veda la foto qui sopra), era affezionatissimo al fratello e gli rimase sempre vicino, seguendone con amore e dedizione la carriera e mantenendolo economicamente. Fece, non a caso, il mercante d'arte, per poter offrire a Vincent la possibilità di esporre le sue opere.

Gli squilibri psichici che caratterizzavano da sempre il comportamento di Vincent peggiorarono, non a caso, quando Il 17 aprile 1889 il fratello Theo si sposò. Vincent scrisse alla sorella, con tono rassegnato: "Leggo poco per aver tempo di riflettere. È molto probabile che abbia ancora tanto da soffrire. E questo non mi va affatto, a dire il vero, perché in nessun modo desidero il ruolo di martire [...] Prendo tutti i giorni il rimedio che l'incomparabile Dickens prescriveva contro il suicidio. Consiste in un bicchiere di vino, un boccone di pane e di formaggio e una pipa di tabacco."

Al fratello espresse la volontà di essere internato in una casa di cura

"Mi sento decisamente incapace di ricominciare a riprendere un nuovo studio e di restarci solo, qui ad Arles [...] a te, a Salles, a Rey io chiedo di fare in modo che alla fine del mese o all'inizio di maggio io possa andare come pensionato internato [...] se l'alcool è stato certamente una delle più grandi cause della mia follia, allora è venuta molto lentamente e se ne andrà molto lentamente, se se ne andrà [...] Infine, bisogna prendere una posizione di fronte alle malattie del nostro tempo [...] io non avrei precisamente scelto la follia, se c'era da scegliere, ma una volta che le cose stanno così, non vi si può sfuggire. Tuttavia esisterà forse ancora la possibilità di lavorare con la pittura."