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BENEDETTO
CROCE E L'AMICIZIA
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Decisamente
anti-freudiana
la
concezione
dell'amicizia
espressa
da
Benedetto
Croce
(1866-1952),
per
così
dire
"classica",
ma
depurata
di
tutti
gli
istinti
sessuali
e
di
tutte
le
scorie
legate
all'interesse;
una
concezione indubbiamente
alta
e
nobile,
ma
che
non
esce
dal
solco
di
una
certa
convenzionalità
e nulla
di
originale
apporta
a
quello
che
abbiamo
già
dedotto,
ad
esempio,
da
Aristotele
e
da
Cicerone.
Croce
interviene
sull'argomento
nel
saggio
intitolato
appunto
Amicizia,
contenuto
in
Frammenti
di
etica
del
1920
(leggibile
in
Etica
e
politica,
Bari,
Laterza,
1973).
Leggiamo
una
parte
di
questo
saggio:
|
"Per
ben
intendere
questo
rapporto
morale,
bisogna
muovere
dall'amore,
non
da
eros,
ma
dall'amore
salito
appunto
a
rapporto
morale,
amore
di
consorti:
il
legame
di
due
esseri
che
vivono
l'uno
per
l'altro,
pronto
ciascuno
a
dare
sé
stesso
per
l'altro,
pel
bene,
per
la
felicità,
per
la
gioia
dell'altro.
Legame
bilaterale,
che,
se
diventa
unilaterale,
discende
ad
attaccamento
passionale
e
sensuale,
o
si
cangia
in
affetto
di
compassione,
di
protezione
e
simili.
L'amore
importa
egualità,
quantunque
solo
nell'amore,
ché,
nel
resto,
si
può
essere
differentissimi
e
disparatissimi.
Quel
che
sulle
basi
naturali
sorge
tra
l'uomo
e
la
donna
come
amore,
sorge
nelle
altre
parti
della
vita
sociale
come
amicizia.
Anche
qui
bilateralità,
egualità,
non
protezione,
non
inferiorità;
anche
qui
niente
di
utilitario,
altrimenti
è
scambio
economico,
né
di
meramente
affettivo,
altrimenti
si
chiama
simpatia;
anche
qui
parità,
ma
solo
nell'amicizia;
anche
qui,
come
è
noto,
rarità
del
legame
nella
sua
perfezione;
forse
anche
maggiore
che
nell'amore
coniugale.
Come
l'amore,
l'amicizia
non
ha
nulla
da
vedere
col
giudizio
che
si
rechi
sull'individuo
nel
suo
complesso;
non
ha
da
vedere
coll'ammirazione
intellettuale
o
etica.
Hanno
torto
del
pari
coloro
che
pretendono
l'amico
irreprensibile
e
coloro
che
per
amicizia
smarriscono
o
relegano
in
un
canto
il
giudizio
critico
e
morale.
L'amicizia
consiste
tutta
in
quel
reciproco
legame
delle
anime.
E
per
questo
essa
è
un
istituto
morale,
il
cui
significato
e
valore
sta
nella
realtà
del
disinteresse
nell'uno
e
nell'altro,
nel
sentirsi
sollevati
sull'utilitarismo.
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Onde
nell'amicizia,
come
nell'amore,
si
trova
un
rifugio:
coll'amico
ci
si
sfoga,
ci
si
confida,
si
piange
e
si
ride
insieme.
Solo
tra
amici
si
ride
davvero,
di
riso
sano.
A
tutti
gli
altri
uomini
dobbiamo
giustizia,
ma
all'amico
par
che
si
debba
non
solo
giustizia,
quella
che
gli
spetta
come
ad
ogni
altro
uomo,
ma
qualcosa
di
più,
per
l'appunto
l'amicizia.
E
qui
potrebbe
sembrare
che
nell'amicizia
ci
sia
dell'ingiustizia,
o,
come
si
dice,
della
parzialità.
Ma
se,
mercé
l'amicizia,
si
promuove
la
disposizione
morale,
che
è
anzi
tutto
disinteresse
personale,
all'amico
che
si
presume
vero
e
sincero
si
dà
quel
che
gli
spetta,
cioè
quel
che
egli
è
pronto
a
dare
a
noi:
e
questa
è
pur
giustizia,
la
giustizia
del
caso
particolare.
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