DANTE E L'ARMONIA DELLE SFERE

 

 

Non sarà fuori luogo dedicare un piccolo spazio all'esame che la teoria dell'armonia delle sfere occupa nella Divina Commedia di Dante, ed in particolare nel Paradiso: essa infatti appare tutt'altro che scontata, ed anzi per molti versi altamente problematica.

Dante accoglie l’armonia delle sfere discostandosi dal dettato del maestro Aristotele (De Caelo II, 9), sulla base dell’auctoritas di Severino Boezio (V-VI secolo d.C.), ma soprattutto di quanto sull’argomento era stato detto dallo «spirito magno» Cicerone nel Somnium Scipionis. Qui infatti Scipione, relativamente alla musica celeste, si domanda:

quis est, qui complet aures meas tantus et tam dulcis sonus?

("che suono è questo che riempie le mie orecchie, così intenso e così dolce?").

Oltre a qualificare il sonus sia quantitativamente (tantus) che qualitativamente (tam dulcis), Cicerone si sofferma a lungo ad indagare la teoria dell’armonia delle sfere, dimostrando di essere pienamente a conoscenza della letteratura tecnica sull’argomento.

L’esistenza dell’armonia delle sfere era stata negata da Aristotele e dai suoi commentatori, tra cui Averroé, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino. In un primo momento, Aristotele illustra la teoria pitagorica qualificandola come gradevole ed interessante, anche se falsa. È egli stesso a riportare la giustificazione attribuita ai pitagorici del perché non udiamo la celeste armonia: perché un suono o un rumore non vengono percepiti se non in contrasto con il proprio opposto, il silenzio o meglio l’assenza del suono medesimo; dal momento che quello prodotto dalla rotazione delle sfere planetarie è un suono che ci è presente sin dalla nascita, non è possibile riconoscerlo, in quanto ci manca la percezione del suo contrario. Una saturazione per assuefazione, simile a quella provata dai fabbri che appaiono indifferenti al rumore provocato dalla propria quotidiana attività lavorativa.

 

 

La struttura del cosmo dantesco

 

La posizione propria di Aristotele è tuttavia recisa nel negare l’armonia delle sfere: alla domanda perché non udiamo la musica delle sfere risponde perché non c’è nessuna musica, di più, non c’è nemmeno nessun rumore. Non si sofferma qui su tecnicismi musicali, non gli interessa avanzare ipotesi su presunte qualità celestiali o cacofoniche del suono: non esiste nessuna musica, ed è facilmente dimostrabile, per assurdo: se esistesse un suono prodotto dalla rotazione degli astri, sarebbe talmente forte ed intenso da distruggere la vita sulla terra, cosa che non è. Quindi, non esiste alcuna musica delle sfere.

Ma perché non esiste? Perché gli astri si muovono nel medium della propria sfera, e quindi non c’è attrito.

Che cosa, dunque, induce Dante all'audace scelta di opporsi al "maestro di color che sanno” (Inf., IV 131), oltre che a San Tommaso?

Non solo un motivo di ordine estetico, ma anche profonde convinzioni di natura filosofica: non bisogna infatti dimenticare la persistenza nell’opera dantesca dell’eco della corrente di pensiero pitagorico-platonica (cfr. Paolo Vinassa De Regny, Dante e Pitagora, I Quaderni de l’Antologia, Milano, Gioacchino Albano editore, 1955), mediata principalmente dall’insegnamento di Boezio, Sant’Agostino e San Bonaventura.

Giulio Ferroni sostiene che «la filosofia di Dante non propone novità speculative, ma contempera prospettive diverse» (Storia della letteratura italiana (vol I. Dalle origini al quattrocento), Milano, Einaudi scuola, 1991, p.193). Ebbene, l’idea del contemperare, così caratteristica dello spirito della Commedia, è scopertamente legata all’area semantica musicale.

L’incontro di Dante personaggio con la musica delle sfere avviene entro i primi cento versi del Paradiso, nel momento in cui egli varca assieme a Beatrice la sfera del fuoco per entrare nel primo cielo, quello della Luna (Par I, 76-81):

 

Quando la rota, che tu sempiterni

Desiderato, a sé mi fece atteso,

Con l’armonia che temperi e discerni,

Parvemi tanto, allor, del cielo acceso

De la fiamma del sol, che pioggia o fiume

Lago non fece mai tanto disteso.

 

L’armonia che temperi e discerni è espressione tecnica e musicale: temperare indica qui l’atto dell’accordatura (tipico soprattutto di uno strumento a corde come la lira, cfr. le sante corde/ che la destra del cielo allenta e tira di Par XV, 5-6), mentre nell’espressione discerni sarebbe secondo alcuni commentatori ravvisabile un preciso riferimento alla discretezza dei numeri per mezzo dei quali, secondo la teoria pitagorica, vengono stabiliti i rapporti matematici che organizzano lo spazio sonoro (il tecnicismo dell’espressione viene sottolineato da Nino Pirrotta nel saggio «Dante musicus: gothicism, scholasticism, and music» in: Speculum. A journal of Mediaeval studies, vol.XLIII, Cambridge Massachusetts, 1968, pp.245-257).

Dante anti-aristotelico, quindi (almeno su questo punto)?

I pareri dei critici sono molto discordi.

La soluzione, che permette di aggirare l’ostacolo della confutazione di Aristotele, arriva proprio da un aristotelico, Simplicio, il cui commento greco al De Caelo fu tradotto in latino da Guglielmo di Moerbeke nella seconda metà del XIII secolo. Simplicio sposta l’attenzione dall’udibilità della musica in sé, attorno alla quale ci si interrogava con gli strumenti della scienza acustica del tempo, allo stato ricettivo in cui è richiesto di porsi all’ascoltatore.

Per Simplicio la musica delle sfere non va intesa in senso letterale, come una vibrazione propagantesi nell’aria che colpisce l’udito umano, ma come un atto intellettivo, attraverso il quale l’uomo accede alla comprensione dei rapporti armonici che regolano la struttura ordinata dell’universo. Ed è proprio questa sfumatura che verrà ripresa da Dante che, nonostante le confutazioni mosse da Tommaso, non rinuncerà ad inserire nel suo paradiso un tale concento dei cieli: l’armonia delle sfere non va tanto ascoltata, a seguito di una percussione dell’onda sonora, quanto piuttosto riconosciuta con un atto intellettivo.

 

(Fonti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Musica_delle_sfere

http://brunelleschi.imss.fi.it/galileopalazzostrozzi/sezione/LarmoniaSfere.html

http://users.unimi.it/~gpiana/dm5/dm5dancr.htm

http://www.cosediscienza.it/metodo/05_teorie.htm)