Cosa
si
intende
per
"armonia
delle
sfere"
L'idea
della
philìa
cosmica
è
alla
base
dell'antico
concetto
scientifico-filosofico di
"armonia
delle
sfere"
.
Esso
interpretava le proporzioni dei movimenti dei
corpi
celesti - sole, luna e pianeti - come una sorta di musica, non udibile, espressa sotto forma di concetto
armonico e/o matematico.
L'origine del concetto è fatta risalire a Pitagora
(VI
secolo
a.C.), che,
com'è
noto, elaborò una filosofia per metà
mistica
e per metà matematica e un sistema numerologico ad
essa
associato, fondamenti della Scuola pitagorica. Anche
secondo Johannes
Kepler detto Keplero (1571-1630), sostenitore del modello eliocentrico
riportato
in
auge
da
Copernico
(il
primo
ad
averlo
formulato,
senza
successo,
era
stato
l'alessandrino
Aristarco
di
Samo
nel
IV-III
secolo
a.C.), le connessioni tra geometria, cosmologia, astrologia, armonia e musica avvengono tramite la musica universalis.
Keplero utilizzò il concetto di armonia delle sfere nel suo Harmonices Mundi (1619), ponendo in relazione l'astrologia (in particolar modo i
cosiddetti
"aspetti" astrologici) con le armoniche
musicali.
In
precedenza si riteneva,
in
base
al
modello geocentrico
o
tolemaico
(così
detto
da
Tolomeo
di
Tolemaide,
II
secolo
d.C.),
che il sole, la luna e i pianeti girassero intorno alla Terra all'interno delle proprie sfere
e
si riteneva che le sfere rispettassero rapporti tra intervalli musicali a numeri interi, creando particolari
armonie.
Su
questo sistema si
basa
l'universo
descritto nella
Divina
Commedia di Dante Alighieri.
La
teoria
è
oggi
abbandonata,
ma
esercita
ancora
una
notevole
suggestione
sugli
artisti:
al tema della musica delle sfere è dedicato
ad
esempio il
recente
album Music of the Spheres del compositore inglese Mike Oldfield,
del
2008.
Il
modello
tolemaico
e
l'armonia
delle
sfere
in
un'antica
stampa
Storia
del
concetto
La definizione
della
musica
celeste
appare
problematica
già
dalla
sua
formulazione
terminologica:
l’espressione
«armonia
delle
sfere»,
si
può
considerare
se
non
errata
almeno
anacronistica,
in
quanto
la
nozione
di
sfera,
con
riferimento
al
sistema
di
Eudosso
di
Cnido,
risulta
successiva
alla
formulazione
della
teoria
che
attribuisce
al
movimento
dei
pianeti
la
produzione
di
una
sublime
musica
(cfr.
Walter Burkert, «Harmony of the Spheres and Astral Immortality»
in W.Burkert., Lore and science in
ancient pythagorism, Cambridge
(Mass.), Harvard University Press, 1972, p.351 n.1, e Michel-Pierre Lerner,
Le monde des sphères, 1.Genèse et triomphe d’une représentation
cosmique, Paris, Les Belles Lettres, 1996, pp.41-48).
L’invenzione
della
teoria
nota
come
armonia
delle
sfere
viene
comunemente
ascritta
alla
scuola
pitagorica
o
a
Pitagora
stesso,
che
secondo
la
testimonianza
di
Giamblico
(La
vita
pitagorica,
65-67)
era
in
grado
di
udire
la
musica
cosmica,
e
variamente
giustificata
come
una
conseguenza
dei
suoi
studi
matematici,
geometrici,
musicali
e
astronomici
(che
nella
concezione
pitagorica
mantengono
una
stretta
interdipendenza,
e
non
a
caso
confluiranno
poi
nel
quadrivio
medievale).
Secondo la tradizione
Pitagora avrebbe per primo udito la sinfonia planetaria, riconoscendo
la somiglianza tra i suoni delle sfere celesti e quelli dei colpi di
martello sull'incudine. Servendosi di un monocordo avrebbe inoltre
determinato i rapporti numerici corrispondenti alle consonanze
musicali: 1/2 per l'intervallo di ottava, 2/3 per la quinta e 3/4 per
la quarta.
Il mondo greco
assimila il cosmo ad una scala musicale, ove i suoni più acuti sono
assegnati a Saturno e al Cielo delle stelle fisse. Il Sole è
indispensabile per la realizzazione dell'armonia poiché corrisponde
alla nota centrale che congiunge due tetracordi, ossia due scale
composte ognuna da quattro suoni.
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