PREMESSA: L'OGGETTO DEL DISCORSO

 

 

Un vero amico è quello che ti pugnala davanti.

Oscar Wilde

 

Iniziare una ricerca senza definire l'oggetto della ricerca medesima è poco sensato: si rischia di assemblare una serie di affermazioni campate per aria a proposito di qualcosa di non noto, cianciando a vanvera come accade nella maggior parte dei talk show ed in generale - salvo eccezioni - nelle trasmissioni televisive, in cui tutti parlano di tutto senza alcuna competenza e si invitano le casalinghe e la "gente comune" ad esprimere la loro opinione (fondata su cosa?) su temi di cui non si vede come possano essere a conoscenza, e gli interlocutori parlano a ruota libera senza sapere di cosa parlano, urlandosi addosso come cani rabbiosi, convinti che il potere di persuasione sia legato ai decibel anziché alla capacità argomentativa. E non c'è di che stupirsi, dal momento che la capacità argomentativa nasce dal saldo possesso di un argomento (rem tene, verba sequentur), che è per l'appunto ciò di cui sono privi.
In compenso sono ricchi di presunzione, perché il fatto stesso di dare spazio a tutti in televisione, per ovvie finalità di audience, genera nella gente la falsa convinzione che per parlare di qualcosa basti avere la lingua.

Il risultato è pura farneticazione.

L'errore più comune è quello di dare per scontata la conoscenza dell'oggetto del discorso: è proprio da questo atteggiamento che nasce la maggior parte dei fraintendimenti e dei malintesi, perché spesso, per non dire quasi sempre, ogni interlocutore ha un'idea diversa dell'argomento in discussione, non condivisa dagli altri e non nota ad essi. Questo anche volendo ammettere che la conversazione si svolga tra persone intellettualmente oneste, intenzionate ad arrivare alla definizione della verità e non a prevaricare gli altri con i mezzi della retorica, cosa che invece avviene sistematicamente in campo politico.

Questo rischio è maggiormente accentuato dalla superficialità e contraddittorietà con la quale la nostra società si accosta a fenomeni che richiederebbero una considerazione seria: e questo è precisamente il caso dell'amicizia.

 

 

Aragorn e Legolas

 

Se, da una parte, il cinema propone modelli di amicizia edificanti o idealizzati, come nel caso della saga del Signore degli anelli o di quasi tutti i cartoons e i film di animazione (da Shrek a L'era glaciale), dall'altra assistiamo ad un uso aberrante del termine "amico" in televisione e su internet, che svuota completamente di significato il vocabolo.

Il tutto in una coesistenza schizofrenica, visibile anche in quei grotteschi contenitori che sono diventati i nostri telegiornali, in cui alla notizia di una strage fa seguito un servizio di moda annunciato con lo stesso tono frivolo e sensazionalistico; una coesistenza che bene attesta l'incapacità di cogliere la contraddizione e la casualità del nostro approccio nei confronti del reale.