Sintesi del documento di supporto

per il Laboratorio di economia del Movimento 5 Stelle

 

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Indice generale

 

 

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INDICE DELLA SINTESI:
 

1. Abstract

2. Premessa: l'Unione Europea e l'euro

3. Punto 1: Cosa succede se il nostro Paese rimane nell'euro

4. Punto 2: Riformare i trattati europei

5. L'euro "a due velocità"

6. Moneta complementare e doppia circolazione

7. Cosa succede se il nostro Paese esce dall'euro: pro e contro

 

 


ABSTRACT

 

Il primo atto del Laboratorio economico del Movimento 5 stelle, di prossima attivazione, sarà, come ricordato da Laura Castelli sull’Huffington post, una disamina comparativa di 5 scenari che potrebbero a seconda dei casi riguardare l’Italia nel prossimo futuro.
Ogni scenario verrà esaminato sulla base di una lista di parametri o KPI, che ci consentiranno di far capire in pratica quali impatti avranno determinate scelte politiche sull’economia reale italiana e europea. Di conseguenza è fondamentale scegliere parametri osservabili e oggettivi. Ad esempio, l’indice PMI (indice composito dell’attività manifatturiera) può essere un parametro misurabile e valido, come pure l’indice di equità GINI, mentre un “benessere percepito” non lo è. Attenzione anche alla scelta di parametri significativi. Valutare il tasso di disoccupazione senza considerare che questo NON è il complemento a 1 del tasso di occupazione non ha molto senso.

 

Gli scenari che considereremo sono i seguenti:

1.       Cosa succede se il nostro Paese rimane nell'euro così com'è;
2.      In che modo il governo italiano potrebbe chiedere di riformare i trattati europei in materia economica (include alcune proposte di exit strategy in caso di rifiuto da parte dell’UE);
3.      Quali sono le condizioni, i vantaggi e gli svantaggi dell'introduzione di una moneta per i paesi Ue più forti e di una per quelli più in difficoltà;
4.      Cosa accadrebbe nel caso di immissione in corso di una seconda valuta in Italia:

4a. Proposte per rendere più sostenibile la permanenza nell’euro;

4b. Immissione di valuta complementare (CCF, tax backed bonds, moneta   alternativa...);

4c. Immissione di nuova lira sovrana a fianco dell’euro.

1.       Pro e contro dell'uscita del nostro paese dall'euro (include la proposta di exit strategy unilaterale elaborata dal gruppo Economia 5 Stelle).

 

Per ciascuno di questi cinque punti dobbiamo spiegare cosa succederà in concreto, identificando gli impatti su una serie di KPI osservabili dell'economia italiana e, a seconda dei casi, dovremo fare le nostre proposte per intervenire, nei limiti dei vincoli imposti dagli scenari. Suggeriamo particolare attenzione alle problematiche care al Movimento, come equità sociale, istruzione, sanità, occupazione e welfare e ambiente.

Per esempio, proporre il deficit spending per il finanziamento di lavori pubblici non è fattibile nell’euro così com’è. Ma diventa fattibile in caso di modifica concordata dei trattati (anche se va sottolineata l’improbabilità di un simile scenario) o di uscita dall’euro. Altro esempio: una modifica dello status della CDP italiana affinché possa finanziarsi presso la BCE a tasso agevolato e quindi aprire linee di credito a buon prezzo verso i privati italiani ha senso solo se restiamo nell’euro (vedi commento sull’utilità della proposta anche per uscire dall’euro).

  

 

Parametri di valutazione (o KPI) proposti:

 

        Crescita del PIL
        Spesa pubblica
        Occupazione/disoccupazione/rassegnati

        Equità sociale (GINI index ad es.)

        Impatto sul welfare (sistema pensionistico, istruzione, sanità, servizi pubblici...)
        Bilancia commerciale
        Debito pubblico
        Debito privato (estero o meno)
        Dipendenza dai “mercati”

        Emigrazione

        PMI (velocità dei pagamenti ad esse, attività prevista, chiusure, etc.)
        Politiche di basso impatto ambientale (green economy, risparmio energetico, uso energie alternative, etc.)
        Democrazia (cessioni di sovranità nazionale/popolare, eleggibilità degli organi di controllo, etc.)
        Rapporti con l’estero (amicizia, solidarietà, concorrenza mercantile, ostilità aperta, possibilità di nuovi trattati, etc.).
Il documento risultante dall’analisi del gruppo Economia 5 stelle sarà poi sottoposto agli economisti del laboratorio e ai parlamentari.
I lavori della commissione-laboratorio avranno come scopo l’analisi critica e tecnica degli scenari e delle proposte fatte, con eventuali correzioni e integrazioni.
Sulla base di questo, il Movimento potrà riferire in Parlamento con dati precisi alla mano e mettere il governo di fronte a precise responsabilità a seconda delle scelte politico-economiche che saranno intraprese.
Il documento sarà anche una sorta di manifesto-riferimento utile per attivisti e simpatizzanti che vogliano approfondire tecnicamente la questione crisi e farsi un’idea sulle scelte migliori da perseguire.
Siamo ben consci che il pool di economisti che saranno coinvolti è perfettamente in grado di sviluppare autonomamente un lavoro del genere e dargli anche l’autorevolezza e il dettaglio che ci servono, ma invitiamo gli stessi a prendere tutto ciò non come una prevaricazione o un voler sminuire la loro competenza professionale, bensì come il modo che abbiamo scelto di comune accordo con i parlamentari del Movimento 5 Stelle per far pervenire loro la voce della base, il risultato dei nostri sforzi e la prova tangibile che il grande lavoro di divulgazione degli stessi negli anni passati non è andato sprecato.

Buona lettura e buon lavoro a tutti!
 

 


                         

 

Premessa

 

L’Europa è nata (nella mente dei cittadini) come soluzione equilibrata fra capitalismo anglosassone e socialismo reale, attorno all’idea dello Stato Sociale, del Welfare, ma ha tradito gli ideali originari.

Responsabilità delle Istituzioni è quella di soddisfare i bisogni primari dei propri cittadini: lavoro dignitoso, servizi sociali efficienti, pace sociale, sostenibilità ambientale. In campo economico, la responsabilità delle Istituzioni si esplica utilizzando le leve classiche di governo dell’economia, Moneta e Politica Fiscale. Ma né le istituzioni nazionali né quelle dell’Unione hanno la disponibilità delle leve di governo dell’economia. La Moneta è gestita dalla BCE e dal SEBC. Di fatto, un vero e proprio organo istituzionale, totalmente indipendente e autonomo dagli altri organi. Le norme vietano che la moneta possa essere direttamente utilizzata per fini pubblici: ne consegue, come l’evidenza conferma, che venga utilizzata per fini privati.

L’Euro impone una rigidità al cambio nominale che non può evitare fluttuazioni del cambio reale, non essendo previste efficaci regole che garantiscano l’armonizzazione del contenimento dell’inflazione nei vari paesi, delle politiche industriali, fiscali e del lavoro. Le regole dell’Unione impongono un contesto competitivo, vietando l’intervento degli Stati nell’economia e garantendo la massima libertà di movimento a capitali e merci, sia all’interno dell’Unione sia verso l’esterno.

Conseguenza non evitabile del cambio nominale rigido e del contesto competitivo è che le variazioni del cambio reale si scaricano sul costo del lavoro, comprimendo i salari, sui costi indiretti (tutela ambientale, etc).

La leva della Politica Fiscale è stata gradualmente sottratta agli Stati nazionali, ma non è stata mai consegnata ad organi di governo dell’Unione. I parametri di Maastricht, ribaditi dal Patto di Stabilità e ultimamente dal Fiscal Compact[1] e dal Two Pack[2], hanno impedito in maniera sempre più stringente l’uso della leva fiscale.

Conseguenza inevitabile di questo impianto è che ai Parlamenti ed ai Governi nazionali, così come alle Istituzioni comunitarie, non restano che due vie per procurarsi le risorse finanziarie:

  • tasse sulla produzione e sul reddito - che impoveriscono l’economia reale;
  • debito nei confronti del settore finanziario privato - che arricchisce non solo i piccoli risparmiatori, ma soprattutto la finanza parassitaria, privata ed internazionale.

La povertà della crescita economica dell’intera Unione, soprattutto se comparata con quella che negli ultimi decenni si realizza negli USA e ancor più nei paesi emersi, è figlia di queste scelte.

L’ultima evoluzione dell’Unione Europea è particolarmente pericolosa. Nel mondo occidentale la finanza ha causato due problemi enormi, che pendono sopra le teste dei cittadini, europei in particolare:

  • Il debito complessivo è inesigibile e denominato in valuta estera, l’euro (debiti pubblici + debiti delle famiglie + debiti delle aziende produttive + debiti del settore finanziario);
  • L’asset inflation. I valori di titoli e derivati sui mercati finanziari è gonfiato ben oltre il valore della produzione reale.

L’UE reagisce a tutto ciò imponendo “riforme strutturali” e “cessioni di sovranità”. Conseguenza: ulteriore restrizione del livello di attività economica e della democrazia. Nuovi “organi” (il MES[3]) e nuovi meccanismi (aiuti BCE, MES e FMI) sono funzionali ad imporre azioni volte a sottrarre sempre più risorse all’economia reale ed ai servizi sociali, per trasferire risorse al settore finanziario privato.

Le regole dell’Unione Europea sono sinistramente funzionali ad un perverso disegno di sottomissione degli interessi pubblici a quelli privati.

L’Italia, con la sua enorme ricchezza privata ed il suo patrimonio pubblico, e la sua classe politica incapace e corrotta, è decisamente nel mirino.

 


 


 

Punto 1

 

Cosa succede se il nostro Paese rimane nell'euro così com'è

(versione integrale qui)

 

Abbiamo fatto riferimento anzitutto alla discussa teoria delle Aree Valutarie Ottimali o AVO[4] di Robert Mundell, uno dei padri dell’euro, per poi accennare alle regole dell’Unione Monetaria Europea ed alla "filosofia" sottesa all’euro, legata ai parametri di Maastricht, resi sempre più stringenti dal “patto di stabilità” nella sua recente versione del Fiscal Compact[5], rilevando come nessuna evidenza scientifica sostenga l'utilità e la funzionalità di quei parametri.

Ne abbiamo dedotto che le regole dell’UE spingono ad evitare la collaborazione per privilegiare la competizione interna, competizione che è tra l’altro falsata da vari fattori che abbiamo preso in esame.

Abbiamo quindi evidenziato le problematiche legate all’adozione del cambio fisso e alla rinuncia ad uno strumento come la svalutazione monetaria, per poi passare in rassegna l’opinione degli economisti italiani sulla sostenibilità o meno della nostra permanenza nell’eurozona.

Infine abbiamo analizzato l’andamento dei Key Performance Indicators restando nell’UME.

 

 

La risposta di Economia 5 Stelle

 

Rimanendo inalterate le attuali insostenibili condizioni, sia a livello di trattati UE sia a livello puramente economico, ci sembra evidente che all’Italia non resti altra via che uscire dall’euro e soprattutto dai trattati europei, rifacendo propria al 100% la sovranità monetaria e fiscale, ripristinando all’incirca la situazione preesistente all’ingresso nello SME del 1979 e del divorzio Tesoro-Banca d’Italia del 1981. L’Italia deve riprendere ad utilizzare il deficit spending per garantire ai suoi cittadini piena occupazione e welfare, abbandonando completamente le attuali fallaci politiche di austerità procicliche. La Banca d’Italia deve tornare ad essere acquirente residuale e garante dei nostri titoli di stato, che non dovranno MAI PIU’ essere lasciati alla mercé dei mercati, così come le azioni delle nostre aziende strategiche.

L’alternativa è il default, o peggio ancora una lunghissima agonia finanziaria come quella greca o portoghese, con conseguente resa del nostro Paese alle condizioni di un’entità iniqua e fuori dal controllo democratico come il M.E.S., che ci condannerebbe al commissariamento e ad una condizione debitoria e di disagio sociale irreversibile, così come alla svendita totale dei nostri asset e alla perdita di ogni residua democrazia.

 

 


 

 

Punto 2

 

In che modo il governo italiano potrebbe chiedere

di riformare i trattati europei in materia economica

(versione integrale qui)

 

Siamo partiti dalla considerazione che gli Italiani hanno una concezione idealistica dell’Europa, legata al bisogno di immaginare qualcosa di alternativo alla pessima politica italiana. Sono convinti che il sistema dell’UE sia riformabile e che quanto sta accadendo a livello economico sia la conseguenza di un’imponderabile serie di “errori” commessi in buona fede, e come tali rimediabili. Ovviamente peccano d’ingenuità.

Tuttavia, pur consapevoli di questo, abbiamo accettato la sfida, perché proporre di cambiare le regole aiuta a capire (e a far capire) i limiti di quelle attuali e mette a nudo la buona fede dell’interlocutore.

Abbiamo quindi avanzato le seguenti proposte:

 

        Riforma della BCE per metterla al servizio dei bisogni dei cittadini

        Riforma dei parametri di Maastricht per sottrarci dall’austerità e vietare altri tipi di comportamenti sleali e dannosi

        Riforma del bilancio dell’UE, per permettere investimenti produttivi e la piena occupazione

        Revisione o abolizione del Fiscal Compact[6] e del M.E.S.[7], per sottrarre i popoli dell’Europa alla spirale mortifera del crescente indebitamento

        Armonizzazione delle politiche economiche, del lavoro, fiscali e del welfare, per rendere veramente unito e solidale un sistema che oggi è solo stupidamente competitivo

        Scrittura di una Costituzione vera, a tutela delle garanzie fondamentali dei cittadini e della democrazia

 

Solo di fronte alla posizione dei partner di NON essere disponibili a cambiare le cose, decideremo di uscire.

Le conseguenze sono tecnicamente gestibili in maniera NON traumatica dal punto di vista economico, giuridico e politico.

Condizioni essenziali per una uscita controllata, rimanendo dalla parte della ragione, sono:

 

        seguire la via legale

        agire sempre in buona fede e trasparenza per preservare rapporti costruttivi

        rendere evidente che non si esce per pregiudizio antieuropeo, al contrario: l’uscita dall’Unione Europea (Europa dei mercanti di denari) è l’unica strada che rende possibile la costruzione della futura Europa dei cittadini, l’unica accettabile

 

La via legale per uscire dall'UE, e quindi dall'euro, è l'applicazione contemporanea dell'art. 50 TCUE e degli artt. 60 e segg. della Convenzione di Vienna: mentre il primo obbliga ad una negoziazione lunga fino a due anni, il secondo consente di ritenere decadute le prescrizioni dei trattati e di poter quindi ricorrere - da subito - al pieno utilizzo delle leve di governo dell'economia. In questo contesto (libertà di manovra economica) la negoziazione (che viene fatta con tutti i Paesi) si trasforma in una occasione importante per far capire a tutti quanto sbagliate siano le regole dell'Unione. In ogni caso quella negoziazione è il luogo dove andranno costruiti e preservati i futuri rapporti politici ed economici con gli altri Paesi.

Se tuttavia, pur con tutti gli sforzi umanamente possibili, risultasse impossibile una soluzione concordata, data l’opposizione dei nostri partner centroeuropei alle riforme necessarie o le loro probabili ritorsioni, il recesso dovrebbe necessariamente configurarsi come un atto unilaterale del Paese, che resti per quanto possibile nel solco di rispetto reciproco e legalità. Scegliere se farlo o meno è questione di volontà politica, e molti commentatori la ritengono la soluzione migliore. Occorrerà valutare i costi economici del percorso legale, che ha il chiaro svantaggio di esporci più a lungo al fuoco incrociato dei mercati, in condizione di grave incertezza.

Tale ipotesi, evidentemente densa di criticità, è stata da noi analizzata nel punto 5 (“Pro e contro dell’uscita del nostro Paese dall’euro”).

 

 

La risposta di Economia 5 Stelle

 

Come afferma A. Bagnai[8], le proposte di “più Europa” che passano attraverso l’idea di una maggiore “unione” fiscale “sono palesemente irrealizzabili, pur non essendo insensate teoricamente.” Inoltre “sono politicamente improponibili, in un contesto condizionato dall’atteggiamento falsamente moralistico dei paesi del centro. Per la classe politica di questi paesi è ormai impossibile richiedere all’elettorato atteggiamenti cooperativi con chi finora è stato additato, per motivi di bottega politica interna, come responsabile della crisi: i fannulloni del Sud.”

Ma soprattutto esiste una fondamentale questione di principio democratico: “Ci viene detto dagli stessi autori del progetto europeo (uno per tutti: Jacques Attali) che questo percorso, quello suggerito dalla teoria economica, è stato accantonato di proposito, scegliendo la strada sbagliata sulla base della convinzione che solo spinti dall’urgenza dell’inevitabile crisi gli elettori europei si sarebbero risolti a fare la cosa giusta, il fatidico “più Europa”. Sta ora a questi elettori decidere se accettare o meno un simile ricatto, se avallare un metodo politico paternalistico che li costringe ad affrontare riforme politiche di ampia portata e di lungo periodo sotto la mannaia dello spread e nell’urgenza di una crisi economica globale. Sarebbe follia, se non vi fosse in essa il metodo che i suoi autori confessano.”

Per tutti questi motivi riteniamo che le riforme qui proposte siano quasi tutte assolutamente velleitarie e che sarà del tutto impossibile o altamente improbabile che vengano implementate, per la fortissima opposizione politica del centro Europa, specie della Germania.

L'esempio di un corretto utilizzo delle leve di governo dell'economia, poste finalmente al servizio della piena occupazione e degli altri obiettivi di politica sociale, esplicato anche durante la fase negoziale di uscita formale dall'Unione, rappresenterà comunque un forte stimolo per tutti i popoli europei alla rivalutazione delle regole attuali, rendendo per ciò stesso meno impossibile, per il futuro, un atteggiamento costruttivo verso le proposte indicate di costruzione di una Europa completamente diversa.



 

 

Punto 3

 

Quali sono le condizioni, i vantaggi e gli svantaggi dell'introduzione

di una moneta per i paesi Ue più forti e di una per quelli più in difficoltà

(versione integrale qui)

 

A parere di tutti noi, l’“euro a due velocità” è un’ipotesi priva di senso macroeconomico tanto quanto l’euro stesso, benché caldeggiata di recente da personaggi vicini al Movimento 5 Stelle come Loretta Napoleoni e Paolo Becchi[9] e proposta dallo stesso Beppe Grillo[10].

Si tratterebbe in sostanza, per i tedeschi, di mantenere l'euro sotto forma di marco, ma con nuovi compagni di viaggio. In prima classe sederebbero tutti i Paesi «in difficoltà ma con i conti in ordine» (parole di Mario Monti): Germania, Paesi Bassi, Francia, Austria, Finlandia. In seconda classe vi sarebbero presumibilmente Portogallo, Grecia, Irlanda, Belgio e Spagna. L’Italia, nelle intenzioni di Mario Monti, avrebbe dovuto viaggiare in prima classe, ma sono in molti a dubitarne. Fabrizio Goria, per esempio, scrive: “Da un lato Germania, Austria, Olanda e Lussemburgo. Dall’altro troveremmo la Francia a guidare Italia, Belgio, Spagna e tutti gli altri.”[11]

Abbiamo quindi preso in esame il parere di diversi analisti in proposito. Alla fine di questa disamina, una sola cosa è risultata evidente: il progetto non è chiaro a nessun analista: c’è chi lo valuta positivamente e lo presenta come una graziosa concessione della Germania ai PIIGS, chi solleva quanto meno il dubbio circa i problemi che alla stessa Germania deriverebbero dal recupero di una certa flessibilità del cambio da parte dei Paesi della periferia, domandandosi per quale motivo i tedeschi dovrebbero volere una cosa del genere, e chi addirittura non esita a considerare il tutto come parte di un disegno volto a consegnare definitivamente alla Germania l’egemonia su tutta l’Europa.

Per parte nostra, ci limitiamo a dichiarare che, quand’anche l’ipotesi di una “doppia corsia” dovesse tradursi in una situazione di vantaggio per la nostra economia nei confronti di altri Paesi più deboli, in nome del concetto caro al Movimento “nessuno deve rimanere indietro”, rifiutiamo di consigliare uno scenario che ci renderebbe complici e imitatori delle stesse politiche vessatorie perpetrate dalla Germania nei riguardi dei suoi vicini, politiche che stanno provocando miseria, emigrazione e morte.

Inoltre, come ben chiarito da Alberto Bagnai, quand’anche la BCE venisse riformata, nessun problema di indebitamento privato e squilibri commerciali verrà mai risolto da interventi sulla finanza pubblica. Non ci sentiamo di consigliare una soluzione mal posta, insufficiente e che non risolve i veri problemi dell’Eurozona.

Già la mancanza di chiarezza su questo scenario ci sembra una ragione necessaria e sufficiente per dire di no al progetto, anche se appunto, bisognerebbe capire su quali presupposti si baserebbe questo “secondo euro”. Senza conoscere questi, è impensabile azzardare previsioni su come evolverebbero le KPI considerate dalla nostra analisi.

Ci limitiamo a constatare che già dalla crisi cipriota in avanti non esiste più un euro unico: non vediamo in che senso si possa ancora parlare di “moneta unica europea” e per quale motivo dovrebbe essere auspicabile rimanere all’interno di trattati le cui regole sono disattese unilateralmente da alcuni dei contraenti. Dalla crisi di Cipro in avanti il vero volto dell’Unione Europea, guidata da un’oligarchia finanziaria che persegue interessi del tutto incompatibili con la democrazia, si è rivelato chiaramente. Vogliamo continuare ad assecondare i progetti di questa oligarchia, fra cui rientra appunto il disegno dell’ “euro a due velocità”?



La risposta di Economia 5 Stelle


In nome del concetto caro al Movimento “Nessuno deve rimanere indietro”, ci rifiutiamo di consigliare uno scenario che, nella migliore delle ipotesi, ci renderebbe complici e imitatori delle stesse politiche vessatorie perpetrate dalla Germania nei riguardi dei suoi vicini, politiche che stanno provocando miseria, emigrazione e morte.

Riteniamo inoltre offensiva la stessa idea di una doppia corsia, con l’Italia “guidata” dalla Francia e costretta a stare sulla corsia più lenta. Noi non vogliamo un’Italia in serie B, non vogliamo vivacchiare o sopravvivere: vogliamo ritrovare la dignità e l’orgoglio di essere italiani.

Condividiamo le parole del “Memento” leggibile in apertura del “Programma di salvezza economica” di Warren Mosler e Paolo Barnard: “L'Italia uscì dalla seconda guerra mondiale povera, distrutta, semianalfabeta, ma ricca di tre doti immense: la Costituzione del 1948, lo Stato democratico a Parlamento sovrano, una propria moneta. Nell'arco di meno di trent'anni, questa penisola priva di grandi risorse, senza petrolio, finanziariamente arretrata, diventa la settima potenza economica del mondo, prima fra tutte per risparmio delle famiglie. Fu il 'miracolo italiano' scaturito dalle tre immense doti di cui sopra. Oggi quelle doti sono state distrutte, e il Paese è sprofondato nella vergogna dei PIIGS, i 'maiali' d'Europa. I Trattati europei, in particolare quelli associati all'Eurozona, ci hanno tolto la sovranità costituzionale, quella parlamentare e quella monetaria. Ci hanno tolto tutto.”

Non dobbiamo ridurci al rango di servi striscianti che pietiscono dalla BCE e dalla Germania la concessione di poter continuare a trascinare in qualche modo la loro grama esistenza.

Noi dobbiamo lottare per riprenderci tutto quello che ci hanno tolto.

 

 


 

 


Punto 4

 

Cosa accadrebbe nel caso di immissione in corso di una seconda valuta in Italia

(versione integrale qui)

 

Per quanto convinti, come abbiamo detto, che la soluzione ottimale sia l’uscita dell’Italia dall’euro, e che tutte le altre soluzioni siano palliativi temporanei, abbiamo ugualmente preso in esame le altre soluzioni possibili per alleviare il disagio della permanenza nella moneta unica.

Abbiamo quindi analizzato separatamente:

1.       Punto 4a: alcune proposte volte a rendere più sostenibile la permanenza nell’euro;

2.      Punto 4b:  ipotesi di “moneta complementare”, comunque configurata;

3.      Punto 4c: “doppia circolazione” (reintroduzione della lira a fianco dell’euro).

 

4a. Proposte per rendere più sostenibile la permanenza nell’euro.

I - Distribuzioni monetarie su base “pro capite”[12]

II - Revisione dei vincoli alla politica fiscale

III - Forme di finanziamento tramite la Cassa Depositi e Prestiti

IV - La banca centrale italiana deve diventare acquirente residuale dei nostri titoli di Stato sul mercato primario, come la Bundesbank

V - Deprezzamento del cambio reale italiano e accollo della spesa per interessi da parte della BCE

VI. Trasformazione dell’euro in “euro sovrano”.

 

4b. Immissione di valuta complementare.

I - Utilizzo di crediti d’imposta e “tax-backed bonds”

II - Certificati di Credito Fiscale (CCF) combinati con BOT acquistati dalle banche italiane[13]

III - Emissione di soli BOT acquistati dalle banche italiane all’1%

IV - Finanziamento diretto dei deficit pubblici con prestiti bancari (come in Cina)

V - “Moneta dei cittadini” da affiancare all’euro.

 

4c. Immissione di nuova lira sovrana a fianco dell’euro.

Circolazione parallela di due valute.

 

 

La risposta di Economia 5 Stelle

 

Va specificato che qualsiasi proposta di moneta complementare o di doppia circolazione non può essere risolutiva del problema principale, ma va vista solo come uno strumento utile a rafforzare la capacità di resistenza del tessuto economico durante la fase di decisione e di transizione dalla situazione attuale, che è insostenibile e destinata a peggiorare senza interventi che la traghettino verso un diverso equilibrio. Questa fase potrebbe infatti essere non brevissima.

Si tratta dunque di palliativi, che acquisirebbero molto più senso se visti come provvedimenti-salvagente per proteggerci dalle incertezze e rigori di un’aventuale procedura di uscita dall’euro. Diversamente si teme che concentrarci su queste proposte ci faccia perdere di vista l’obiettivo principale, che vediamo essere una riforma sostanziale dei trattati europei con l’uscita dall’eurozona come unica alternativa. La sola proposta che tenga conto di questo obiettivo è quella dei CCF di Marco Cattaneo, che può configurarsi anche come strumento propedeutico all’uscita dall’eurozona.

Una situazione di doppia circolazione lira sovrana-euro potrebbe essere invece un valido transitorio verso il ritorno alla completa sovranità monetaria, con l’euro che verrebbe trattato come una qualunque valuta straniera.

 

 


 

 

Punto 5

 

Pro e contro dell'uscita del nostro Paese dall'euro

(versione integrale qui)

 

I - Vantaggi derivanti dall’uscita dall’euro

A nostro parere i vantaggi derivanti dall’uscita dal’euro sono sostanzialmente quelli correttamente identificati dalla MMT (cfr. documento Epic), ovvero il riappropriarsi delle leve di politica monetaria e fiscale, la possibilità dello Stato di dirigere l’economia e di regolamentare il sistema economico reale e finanziario.

In particolare, la riconquista della sovranità monetaria consentirebbe allo Stato italiano di recuperare la possibilità di spendere a deficit, eliminando l’ostacolo costituito dalla necessità di approvvigionarsi del denaro mediante l’imposizione di tasse o la vendita di titoli di Stato sui mercati.

L’obiettivo prioritario della spesa a deficit dovrà essere il raggiungimento della piena occupazione; tale obiettivo sarà da conseguire in settori produttivi ecocompatibili.

Ritornare alla sovranità monetaria ci consentirebbe poi di liberarci di un falso problema e di un falso target perseguito strumentalmente dal governo Monti e fatto proprio anche dal suo gemello, l’attuale governo Letta: il debito pubblico.

Con il ritorno ai cambi flessibili e la prevedibile svalutazione della lira, inoltre, si risolverebbero i problemi relativi al cambio reale, che tornerebbe aderente ai fondamentali della nostra economia, scoraggiando le importazioni ed incoraggiando la produzione interna e le esportazioni.

Per quanto riguarda le modalità di uscita, come abbiamo già detto al punto 2, sarebbe preferibile un “soft landing” in accordo con gli altri Stati europei; se ciò non fosse possibile, dovremo rassegnarci ad un’uscita unilaterale.

Dissentiamo dalla prospettiva MMT su un punto: con qualunque scenario, riteniamo preferibile una ridenominazione d’imperio di tutti i depositi e contratti in essere in lire, seppur consapevoli delle difficoltà tecniche ed economiche che ciò potrebbe comportare. Questo per evitare opportunità speculative favorite dal corso legale di due valute.

 

II - Criticità connesse con l’uscita dall’euro: “exit strategy

Abbiamo quindi affrontato le altre criticità emerse dal dibattito svoltosi in seno al nostro gruppo:

1) Ridenominazione dei debiti.

2) Processo di aggiustamento del cambio.

3) Tutela delle aziende nazionali.

4) Costituzione di un complesso di banche nazionali.

5) Risanamento del nostro tessuto industriale.

6) Programmi di occupazione.

7) Limitazione dei movimenti dei capitali.

8) Conio e stampa delle nuove banconote.

9) Defiscalizzazione per le materie prime che risentiranno della svalutazione del tasso di cambio.

10) Rapporti con l'Unione Europea.

11) Abolizione del divorzio banca d'Italia-Repubblica Italiana.

12) Regolamentazione bancaria.

13) Bilancia delle partite correnti.

14) Tassazione degli utili sul cambio.

15) Meccanismi di protezione per i redditi fissi.

Per finire abbiamo analizzato l’andamento dei Key Performance Indicators in caso di uscita dall’euro.

 

 

La risposta di Economia 5 Stelle

 

A nostro parere i vantaggi derivanti dall’uscita dall’euro, ovvero la riconquista della sovranità monetaria e della possibilità di spendere a deficit con l’obiettivo primario della piena occupazione e welfare, il riappropriarsi delle leve di politica monetaria e fiscale, la possibilità dello Stato di dirigere l’economia e di regolamentare il sistema economico reale e finanziario, superano ampiamente gli svantaggi, quasi tutti connessi con i contraccolpi che l’uscita dall’euro, se mal gestita o attuata in modo traumatico, potrebbe provocare sulla nostra economia.

I costi e i benefici dell’uscita saranno determinati in grandissima parte dalla politica. Un’uscita disordinata o mal gestita politicamente causerebbe probabilmente costi devastanti, così come, del resto, il proseguire con politiche liberiste anche una volta fuori dall’eurozona. Va da sé che l’attuale classe politica e l’esecutivo Letta non potranno essere attori di un processo di questo genere. Ma se per incidente dovessero esserlo, data l’impossibilità dell’euro così concepito di perdurare, dovranno tassativamente seguire le misure e i consigli esposti in questo documento. Diversamente, si renderanno responsabili dell’economicidio finale del nostro paese, economicidio del tutto evitabile e controllabile.

Dovrà essere premura del Movimento 5 Stelle mettere di fronte alle sue REALI responsabilità chiunque si trovi a gestire la transizione, e fare corretta informazione ai cittadini sull’argomento. Il rischio, che non vogliamo correre, è di essere ritenuti complici delle dissennate scelte politiche compiute dal 1979 ad oggi, prima fra tutte l’ingresso dell’Italia nello SME.

 

 

 


 

 

[1] http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/mes/fiscalcompact_microsintesi.htm

 

[2] http://www.economy2050.it/ue-two-pack-controllo-conti-pubblici-nazionali/

 

[3] http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/mes/mes_sintesi.htm

 

[4] http://it.wikipedia.org/wiki/Area_valutaria_ottimale

 

[5] http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/mes/fiscalcompact_microsintesi.htm

 

[6] http://temi.repubblica.it/micromega-online/se-non-ora-quando/

 

[7] http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/mes/MES.pdf

 

[8] http://goofynomics.blogspot.it/2012/08/le-aporie-del-piu-europa.html

 

[9] http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013/02/09/APLe5mhE-velocita_serve_crescita.shtml

 

[10] http://www.beppegrillo.it/2010/02/leuro_a_due_vel.html

 

[11] http://www.linkiesta.it/e-se-fosse-l-italia-uscire-dall-euro

 

[12] Warren Mosler - Marshall Auerback:

http://www.huffingtonpost.com/warren-mosler/greece-debt-crisis_b_887540.html
http://www.nakedcapitalism.com/2011/09/marshall-auerback-the-ecb-v-germany.html

 

[13] http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2013/01/certificati-di-credito-fiscale-per.html

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