ABSTRACT
Il primo atto del Laboratorio economico del Movimento 5
stelle, di prossima attivazione, sarà, come ricordato da Laura Castelli sull’Huffington
post, una disamina comparativa di 5
scenari che potrebbero a seconda dei casi riguardare l’Italia nel prossimo
futuro[1].
Ogni scenario verrà esaminato
sulla base di una lista di parametri o KPI, che ci consentiranno di far capire in pratica quali impatti
avranno determinate scelte politiche sull’economia reale italiana e europea. Di
conseguenza è fondamentale scegliere parametri osservabili e oggettivi. Ad
esempio, l’indice PMI (indice composito dell’attività manifatturiera) può
essere un parametro misurabile e valido, come pure l’indice di equità GINI,
mentre un “benessere percepito” non lo è. Attenzione anche alla scelta di
parametri significativi. Valutare il tasso di disoccupazione senza considerare
che questo NON è il complemento a 1 del tasso di occupazione non ha molto
senso.
Gli scenari che
considereremo sono i seguenti:
1. Cosa succede se il nostro Paese
rimane nell'euro così com'è;
2. In che modo il governo italiano
potrebbe chiedere di riformare i trattati europei in materia economica (include
alcune proposte di exit strategy in caso di rifiuto da parte dell’UE);
3. Quali sono le condizioni, i vantaggi
e gli svantaggi dell'introduzione di una moneta per i paesi Ue più forti e di
una per quelli più in difficoltà;
4. Cosa accadrebbe nel caso di immissione
in corso di una seconda valuta in Italia:
4a. Proposte per rendere più sostenibile la
permanenza nell’euro;
4b. Immissione di valuta complementare (CCF, tax
backed bonds, moneta alternativa,
etc);
4c. Immissione di nuova lira
sovrana a fianco dell’euro.
5.
Pro e contro dell'uscita del
nostro paese dall'euro (include la proposta di exit strategy unilaterale
elaborata dal gruppo Economia 5 Stelle).
Per ciascuno di questi cinque punti dobbiamo spiegare cosa succederà in
concreto, identificando gli impatti su una serie di KPI osservabili
dell'economia italiana e, a seconda dei casi, dovremo fare le nostre proposte per intervenire, nei limiti dei
vincoli imposti dagli scenari. Suggeriamo particolare attenzione alle problematiche care al Movimento, come equità sociale, istruzione, sanità,
occupazione e welfare e ambiente.
Per esempio, proporre il deficit spending per il
finanziamento di lavori pubblici non è fattibile nell’euro così com’è. Ma
diventa fattibile in caso di modifica concordata dei trattati (anche se va
sottolineata l’improbabilità di un simile scenario) o di uscita dall’euro.
Altro esempio: una modifica dello status della CDP italiana affinché possa
finanziarsi presso la BCE a tasso agevolato e quindi aprire linee di credito a
buon prezzo verso i privati italiani ha senso solo se restiamo nell’euro (vedi
commento sull’utilità della proposta anche per uscire dall’euro).
Parametri di
valutazione (o KPI) proposti
● Crescita del PIL
● Spesa pubblica
● Occupazione/disoccupazione/rassegnati
●
Equità sociale (GINI index ad
es.)
● Impatto sul welfare (sistema
pensionistico, istruzione, sanità, servizi pubblici, etc.)
● Bilancia commerciale
● Debito pubblico
● Debito privato (estero o meno)
● Dipendenza dai “mercati”
●
Emigrazione
● PMI (velocità dei pagamenti ad esse,
attività prevista, chiusure, etc.)
● Politiche di basso impatto ambientale
(green economy, risparmio energetico, uso energie alternative, etc.)
● Democrazia (cessioni di sovranità
nazionale/popolare, eleggibilità degli organi di controllo, etc.)
● Rapporti con l’estero (amicizia,
solidarietà, concorrenza mercantile, ostilità aperta, possibilità di nuovi
trattati, etc.).
Il
documento risultante dall’analisi del gruppo Economia 5 stelle sarà poi sottoposto agli economisti del
laboratorio e ai parlamentari.
I lavori della
commissione-laboratorio avranno come scopo l’analisi critica e tecnica degli
scenari e delle proposte fatte, con eventuali correzioni e integrazioni.
Sulla base di questo, il Movimento
potrà riferire in Parlamento con dati precisi alla mano e mettere il governo di
fronte a precise responsabilità a seconda delle scelte politico-economiche che
saranno intraprese.
Il documento sarà anche una sorta di manifesto-riferimento utile per attivisti
e simpatizzanti che vogliano approfondire tecnicamente la questione crisi e
farsi un’idea sulle scelte migliori da perseguire.
Siamo ben consci che il pool di economisti che saranno coinvolti è
perfettamente in grado di sviluppare autonomamente un lavoro del genere e
dargli anche l’autorevolezza e il dettaglio che ci servono, ma invitiamo gli
stessi a prendere tutto ciò non come una prevaricazione o un voler sminuire la
loro competenza professionale, bensì come il modo che abbiamo scelto di comune
accordo con i parlamentari del Movimento 5 Stelle per far pervenire loro la
voce della base, il risultato dei nostri sforzi e la prova tangibile che il
grande lavoro di divulgazione degli stessi negli anni passati non è andato
sprecato.
Buona lettura e buon lavoro a
tutti!
Dedica e premessa
Il progetto che ne
segue è dedicato ai milioni di disoccupati senza nome che si vedono negata
l’opportunità di una vita dignitosa a
causa dell’implementazione di teorie neoclassiche liberiste, adottata dalle
scuole di pensiero ortodosso responsabili della strutturazione malsana e della
situazione attuale dell’Eurosistema.
***
L’Europa è nata (nella
mente dei cittadini) come soluzione equilibrata fra capitalismo anglosassone e
socialismo reale, attorno all’idea dello Stato Sociale, del Welfare. La libertà economica individuale è bilanciata
da un efficace sistema di protezione sociale, che le Istituzioni garantiscono a
tutti i cittadini.
In parallelo allo sgretolarsi dell’URSS, la CEE
si è trasformata prima in Unione Europea
(UE), da cui poi alcuni membri son confluiti nell’attuale Unione Monetaria Europea (UME), le cui
regole - mai rese chiare e trasparenti per l’opinione pubblica - hanno di fatto
tradito gli ideali originari di
integrazione, collaborazione e amicizia.
Responsabilità delle Istituzioni è quella di
soddisfare i bisogni primari dei propri cittadini: lavoro dignitoso, servizi
sociali efficienti, pace sociale, sostenibilità ambientale. In campo economico,
la responsabilità delle Istituzioni si esplica utilizzando le leve classiche di
governo dell’economia, Moneta e Politica
Fiscale. L’evidenza dimostra che le risorse non sono allocate ai bisogni
primari; sono invece sempre più abbondanti e a buon mercato per il settore
privato finanziario non produttivo, mentre diventano sempre più scarse e
costose per il lavoro, la produzione di beni e servizi nell’economia reale, per
i servizi sociali desiderati dai cittadini.
Questa errata distribuzione è conseguenza diretta
ed inevitabile dell’impianto istituzionale e delle regole fondanti dell’Unione
Europea: né le istituzioni nazionali né
quelle dell’Unione hanno la disponibilità delle leve di governo dell’economia.
La Moneta è gestita dalla BCE e dal
suo collaterale SEBC. Di fatto, un
vero e proprio organo istituzionale, totalmente indipendente e autonomo dagli
altri organi. Le norme vietano che le
banche centrali possano finanziare direttamente gli stati garantendone i titoli
del debito, così come vietano gli aiuti di stato alle aziende (ma “stranamente”
non al sistema bancario). Ne consegue, come l’evidenza conferma, che il
settore privato diventi sempre più presente e tentacolare, sostituendosi allo
stato nel suo ruolo di controllore e garante. Con i noti e nefasti effetti di deregolamentazione.
L’Euro impone un
cambio nominale fisso che però non basta ad evitare gravi divergenze del cambio
reale dei Paesi membri, non essendo previste
efficaci regole che garantiscano in essi l’armonizzazione del contenimento
dell’inflazione, delle politiche industriali, fiscali e del lavoro e delle
varie diversità locali. Le regole dell’Unione impongono un contesto
competitivo, limitando al minimo l’intervento degli Stati nell’economia reale e
garantendo la massima libertà di movimento a capitali e merci, sia all’interno
dell’Unione sia verso l’esterno.
Conseguenza non evitabile del cambio nominale
rigido e del contesto competitivo è che le
variazioni del cambio reale si scaricano sul costo del lavoro, comprimendo i
salari, e sui costi indiretti (tutela ambientale, etc). Il risultato, lo
vediamo.
Figura 1: Grafico della “Diverging
Competiveness” (fonte: OECD; analisi BCG).
La leva della politica
fiscale è stata gradualmente sottratta agli Stati nazionali, ma non è stata mai
consegnata ad organi di governo dell’Unione,
sia per il livello ridicolo dell’intero budget di spesa dell’Unione (inferiore
all1% del PIL europeo), sia per le regole che ne impediscono comunque qualsiasi
uso a fini di stimolo economico. I parametri di Maastricht, ribaditi dal Patto
di Stabilità e ultimamente dal Fiscal Compact[2] e dal Two
Pack[3],
hanno impedito in maniera sempre più stringente l’uso della leva fiscale.
Conseguenza inevitabile di questo impianto è che ai Parlamenti ed ai Governi nazionali, così
come alle Istituzioni comunitarie, non restano che due vie per procurarsi le
risorse finanziarie:
●
tasse sulla
produzione e sul reddito - che impoveriscono l’economia reale;
●
debito nei
confronti del settore finanziario privato - che arricchisce la finanza
parassitaria, privata ed internazionale.
La povertà della crescita economica dell’intera
Unione, soprattutto se comparata con quella che negli ultimi decenni si
realizza negli USA e ancor più nei Paesi emersi, è figlia di queste scelte.
L’ultima evoluzione
dell’Unione Europea è particolarmente pericolosa. Nel mondo occidentale la finanza ha causato due
problemi enormi, che pendono sopra le teste dei cittadini, europei in
particolare:
●
Il debito complessivo è inesigibile (debiti pubblici + debiti delle famiglie +
debiti delle aziende produttive + debiti del settore finanziario). Quello
privato è il più grande in assoluto. Anche ridurlo o peggio eliminarlo a forza
di tasse patrimoniali, come illustrato in fig.2, oltre che matematicamente
impossibile, distruggerebbe del tutto la nostra economia. Non ha ALCUN senso
farlo; senza parlare del fatto che la
stessa Commissione Europea ha recentemente ribadito l’assoluta sostenibilità
(prima in Eurozona) del debito pubblico italiano[4], anche
con le regole astrusamente recessive dell’eurozona e la mancanza di sovranità
monetaria.
Figura 2: Schema della tassa patrimoniale una
tantum cara all’Eurozona, come la famosa “tassa sull’euro” di Prodi nel 1996[5]
●
L’asset inflation. I valori di titoli e derivati sui mercati
finanziari è gonfiato ben oltre il valore della produzione reale. Per
controllare il debito, troppi titoli sono stati riempiti di crediti
inesigibili, attraverso strumenti derivati complessi e non trasparenti.
L’UE reagisce a tutto ciò imponendo “riforme
strutturali” e “cessioni di sovranità”. Conseguenza: ulteriore restrizione del livello di attività economica e della
democrazia. Nuovi “organi” (il MES[6]) e nuovi
meccanismi (aiuti BCE, MES e FMI) sono funzionali ad imporre azioni volte a
sottrarre sempre più risorse all’economia reale ed ai servizi sociali, per
trasferire risorse al settore finanziario privato. Settore che, va detto, è internazionale, spazia ben oltre i
confini nazionali ma anche oltre quelli dell’Unione stessa.
Le vittime non sono equamente distribuite, ma si
concentrano nei Paesi periferici, governati da classi politiche allineate
servilmente con l’establishment europeo, incapaci o corrotte. La devastazione
del tessuto sociale e produttivo in Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda, ora
Cipro ed altri, è figlia diretta delle regole dell’Unione Europea,
sinistramente funzionali a questo perverso disegno di sottomissione degli interessi pubblici a quelli privati.
Questo succede, se il
nostro Paese rimane nell’Euro e nell’Unione Europea, così come sono. L’Italia, con la sua enorme ricchezza privata ed
il suo patrimonio pubblico, e la sua classe politica incapace e corrotta, è
decisamente nel mirino.
|