IL
CAPITANO SUGGERISCE
L'EXPORT, MA...
Il Capitano si è
intestardito con
il pareggio
di bilancio
ed è
irremovibile: tanto
dà e tanto
toglie. Della miseria
degli isolani non
gl'importa niente.
I disgraziati sopportano finché
possono, ma un
brutto giorno...
"Ragazzi,
venite qua. È
successa una cosa
terribile."
"Cosa,
Giacomo? Non tenerci
sulle spine."
"Ieri
sera siamo andati
da Biagio per la
solita briscola
e lo abbiamo trovato
in lacrime."
"Ma
che è successo?"
"Gli
sono morte otto
lumache."
"Otto
lumache! E come
mai?"
"Quel
pover'uomo, come
tutti noi, paga
troppe tasse,
e così non
riesce più
a nutrire le bestiole
a sufficienza. Sono
morte di fame."
"Basta!!
Non se ne può
più di quel
tiranno!"
"Puoi
dirlo, Tino. Ragazzi,
domani mattina
all'alba tutti alla
reggia! E portate
le armi: è
ora di fargliela
pagare."
"Ma
quali armi? Non
ne abbiamo!"
"Scope,
forconi, forchette,
forbici, mattarelli,
coperchi: tutto
quello che vi viene
a tiro."
Il
mattino dopo il
Capitano sente quella
gazzarra sotto la
sua finestra e si
affaccia
in vestaglia:
"Abbasso
il tiranno! A morte
il tiranno!" "Be'?
Che vi prende? E'
questa l'ora di
fare una rivoluzione?"
"Tu
non sei un governante,
sei uno strozzino!"
"Ohibò,
e perché
mai?"
"Hai
fatto morire di
fame otto lumache
di Biagio e stai
affamando tutti
noi! Noi non riconosciamo
la tua autorità,
non ti abbiamo eletto,
non ti vogliamo!
Perché dovremmo
obbedirti?"
"Uhm,
fatemi pensare... Forse perché
io ho i cannoni
e voi no?"
"Non
c'importa dei tuoi
cannoni: bombardaci,
fa' quel che ti
pare! Non ne possiamo
più di vivere
così."
Il
Capitano tace per qualche
secondo. "Aspettatemi: mi vesto
e scendo a
parlarvi."
Poco
dopo raggiunge gli
isolani e li fa
entrare nella sala
del Consiglio.
"Dunque
ragazzi, sedetevi.
Fatemi capire esattamente
qual è il
problema: non vi
pago forse? Non
vi dò forse
le scuole e gli
ospedali gratis?"
"Sì,
certo: però
ci ammazzi di tasse.
Ci costringi a lavorare
per te, e tutto
quello che ci dai
te lo riprendi in
tasse. Tutto! A
noi non rimane niente in
tasca."
"Sapete
che vi dico? Siete
veramente dei buoni
a nulla! Gente sfaticata
e senza spirito
d'iniziativa. Invece
di stare sempre a lamentarvi
che vi dò pochi
soldi, perché
non andate a procurarveli
da soli dalle isole
vicine?"
"E
come? Rapinandole?"
"Certo
che no: commerciando
con loro. Se
riuscite ad
esportare
i vostri prodotti,
loro in cambio vi
daranno la loro
moneta. Io sono in
rapporti commerciali
con le isole vicine,
per cui accetterò
la moneta straniera
e vi darò
in cambio dei dobloni. E questa
volta saranno tutti
per voi!"
Gli
isolani rimangono
interdetti:
non ci avevano pensato.
Dopo tutto non ci
sono solo loro (i
privati)
e il Capitano (il
governo),
ma c'è anche
una terza entità
che può essere
fonte di denaro:
il commercio con
l'estero.
La vita economica
è fatta di
tre
"scatole",
non due soltanto:
se avessero studiato
la teoria dei "bilanci
settoriali"
di Wynne Godley
lo saprebbero.
"E
va bene, Capitano:
ci proveremo."
"Bravi
ragazzi. E la prossima
volta che decidete
di fare una rivoluzione,
scegliete un'ora
più civile
e chiedete prima
il permesso."
Gli
isolani se ne vanno
rincuorati:
dopo tutto sembra
molto facile. Sennonché
hanno
fatto i conti senza
l'oste, ovvero la
loro attuale
(e sempre crescente)
scarsità
di moneta, a causa
delle tasse imposte
dal Capitano: infatti,
per potersi comprare
i macchinari necessari
a produrre qualcosa
di vendibile, per
poter pagare i loro operai
e tutto il necessario,
oltre al proprio
mantenimento, dovrebbero
avere molti più
soldi! Senza contare
che i loro vicini
dell'Isola dei Cinesi,
più ricchi
e fortunati, riescono
a produrre delle
merci migliori ad
un prezzo più
concorrenziale.
E
così gli
sventurati isolani
che provano a dedicarsi
al commercio con
l'estero falliscono
miseramente.
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