1. LA FAVOLA DEL PAREGGIO DI BILANCIO

 

 

IL CAPITANO SUGGERISCE L'EXPORT, MA...


Il Capitano si è intestardito con il pareggio di bilancio ed è irremovibile: tanto dà e tanto toglie. Della miseria degli isolani non gl'importa niente. I disgraziati sopportano finché possono, ma un brutto giorno...

"Ragazzi, venite qua. È successa una cosa terribile."

"Cosa, Giacomo? Non tenerci sulle spine."

"Ieri sera siamo andati da Biagio per la solita briscola e lo abbiamo trovato in lacrime."

"Ma che è successo?"

"Gli sono morte otto lumache."

"Otto lumache! E come mai?"

"Quel pover'uomo, come tutti noi, paga troppe tasse, e così non riesce più a nutrire le bestiole a sufficienza. Sono morte di fame."

"Basta!! Non se ne può più di quel tiranno!"

"Puoi dirlo, Tino. Ragazzi, domani mattina all'alba tutti alla reggia! E portate le armi: è ora di fargliela pagare."

"Ma quali armi? Non ne abbiamo!"

"Scope, forconi, forchette, forbici, mattarelli, coperchi: tutto quello che vi viene a tiro."

Il mattino dopo il Capitano sente quella gazzarra sotto la sua finestra e si affaccia in vestaglia:

"Abbasso il tiranno! A morte il tiranno!"
"Be'? Che vi prende? E' questa l'ora di fare una rivoluzione?"

"Tu non sei un governante, sei uno strozzino!"

"Ohibò, e perché mai?"

"Hai fatto morire di fame otto lumache di Biagio e stai affamando tutti noi! Noi non riconosciamo la tua autorità, non ti abbiamo eletto, non ti vogliamo! Perché dovremmo obbedirti?"

"Uhm, fatemi pensare... Forse perché io ho i cannoni e voi no?"

"Non c'importa dei tuoi cannoni: bombardaci, fa' quel che ti pare! Non ne possiamo più di vivere così."

Il Capitano tace per qualche secondo.
"Aspettatemi: mi vesto e scendo a parlarvi."

Poco dopo raggiunge gli isolani e li fa entrare nella sala del Consiglio.

"Dunque ragazzi, sedetevi. Fatemi capire esattamente qual è il problema: non vi pago forse? Non vi dò forse le scuole e gli ospedali gratis?"

"Sì, certo: però ci ammazzi di tasse. Ci costringi a lavorare per te, e tutto quello che ci dai te lo riprendi in tasse. Tutto! A noi non rimane niente in tasca."

"Sapete che vi dico? Siete veramente dei buoni a nulla! Gente sfaticata e senza spirito d'iniziativa. Invece di stare sempre a lamentarvi che vi dò pochi soldi, perché non andate a procurarveli da soli dalle isole vicine?"

"E come? Rapinandole?"

"Certo che no: commerciando con loro. Se riuscite ad esportare i vostri prodotti, loro in cambio vi daranno la loro moneta. Io sono in rapporti commerciali con le isole vicine, per cui accetterò la moneta straniera e vi darò in cambio dei dobloni. E questa volta saranno tutti per voi!"

Gli isolani rimangono interdetti: non ci avevano pensato. Dopo tutto non ci sono solo loro (i privati) e il Capitano (il governo), ma c'è anche una terza entità che può essere fonte di denaro: il commercio con l'estero. La vita economica è fatta di tre "scatole", non due soltanto: se avessero studiato la teoria dei "bilanci settoriali" di Wynne Godley lo saprebbero.

"E va bene, Capitano: ci proveremo."

"Bravi ragazzi. E la prossima volta che decidete di fare una rivoluzione, scegliete un'ora più civile e chiedete prima il permesso."

Gli isolani se ne vanno rincuorati: dopo tutto sembra molto facile. Sennonché hanno fatto i conti senza l'oste, ovvero la loro attuale (e sempre crescente) scarsità di moneta, a causa delle tasse imposte dal Capitano: infatti, per potersi comprare i macchinari necessari a produrre qualcosa di vendibile, per poter pagare i loro operai e tutto il necessario, oltre al proprio mantenimento, dovrebbero avere molti più soldi! Senza contare che i loro vicini dell'Isola dei Cinesi, più ricchi e fortunati, riescono a produrre delle merci migliori ad un prezzo più concorrenziale.

E così gli sventurati isolani che provano a dedicarsi al commercio con l'estero falliscono miseramente.