2. IL DEBITO PUBBLICO

 

 

TIPI DI DEBITO DELLO STATO

 

Il Capitano ha capito una cosa fondamentale: il denaro è suo e di nessun altro; è lui lo Stato, è lui che decide quanto stamparne, quanto spenderne per gli isolani e quanto ritirarne con le tasse.

Nel capitolo precedente abbiamo visto come il "pareggio di bilancio" sia una misura rovinosa per l'economia dei cittadini e sia destinato a privarli in maniera tragica di ogni prospettiva di benessere presente e futura.

La domanda allora è: ma se il pareggio è una cosa così negativa, per quale motivo il governo si ostina a volerlo? Perché non spende a deficit per il benessere dei cittadini?

La risposta è semplice: perché non abbiamo più la SOVRANITA' MONETARIA, cioè non siamo più emissori di moneta (la lira), ma soltanto utilizzatori (l'euro è emesso dalla Banca Centrale Europea, BCE).

Questo fa sì che il nostro debito pubblico, conseguenza della spesa a deficit, sia veramente un debito. Vediamo di capire come e perché.

Anzitutto vediamo quali sono i principali debiti dello Stato:

  • il deficit di bilancio
  • il debito pubblico
  • il debito estero.

Il deficit è la differenza fra la spesa dello Stato e i suoi incassi: se alla fine dell’anno esso ha incassato meno di quanto abbia speso, allora si dice che c’è un deficit.

Il cumulo dei deficit dei trascorsi 70 o 100 anni, a seconda dei Paesi, forma il debito pubblico.

Il debito estero è il debito collettivo (pubblico e privato) contratto da una nazione verso i creditori stranieri.

Concentriamoci ora sullo spauracchio più terribile che ci viene agitato quotidianamente davanti: il debito pubblico.

Il "debito pubblico" è un problema o no?

La risposta dipende dalla natura di questo debito: che, se è denominato in valuta sovrana, non solo non è un problema, ma rappresenta la ricchezza dei cittadini. Questa affermazione, sebbene a prima vista sembri assurda, non è affatto un paradosso: che si tratti della pura verità è dimostrato dal fatto che la condivisero due personaggi di estrazione politico-economica ben diversa, e perciò al di sopra di ogni sospetto di partigianeria: il grande banchiere John Pierpont Morgan e il filosofo Karl Marx. Il primo ebbe ad affermare che "il debito pubblico è oro, perché genera reddito", mentre Marx scrisse: "Il debito pubblico è l'unica parte della ricchezza nazionale che entra nelle tasche dei cittadini dei paesi moderni." Sulla stessa linea il grande economista Michał Kalecki: "In un certo senso il deficit pubblico può essere considerato un surplus artificiale." Anche William Vickrey, premio Nobel per l'economia nel 1996, ha affermato: "Il debito pubblico non è un pericolo per l'economia, ma è la sua necessità."

Del resto, come fa osservare il prof. Alain Parguez, nel 1915 i 3/5 degli attivi delle banche francesi e tedesche erano costituiti dal debito pubblico: ciò significò in Francia e in Germania la nascita dello Stato sociale e la costruzione di grandi opere pubbliche (ferrovie, strade eccetera), lo sviluppo dell'istruzione pubblica, in sintesi la socializzazione della società. Il Canale di Suez e quello di Panama furono creati col debito pubblico, e nessuno se ne preoccupava.

Tutti pazzi? Evidentemente no. Se mai dovremmo chiederci perché la propaganda odierna ci fa credere il contrario.

Il giornalista e saggista Paolo Barnard analizza lo stato della questione nel suo fondamentale saggio Il Più Grande Crimine (leggibile per intero e scaricabile qui), di cui sintetizziamo di seguito i capitoli 8 e 9.