"Il
rapporto tra svalutazione e inflazione non è
affatto automatico come la gente crede. In effetti,
il coefficiente di trasferimento della svalutazione sull’inflazione è di norma molto inferiore a uno".
"Il
coeffi-che?? Professore, se parla in economichese non
ci capisco un'acca!"
"Ascolta
qua, lo ha spiegato in parole semplici Marco
Cattaneo: di per sé, la svalutazione
non implica affatto inflazione. Aumenta il costo
di un bene importato, e allora? Se non migliora la domanda,
il distributore italiano di questo bene, o l’azienda
trasformatrice che lo utilizza, non è in
grado di aumentare i suoi prezzi."
"E
quindi che fa? Ci rimette?"
"Eh,
diciamo così. Più che altro l’effetto
della svalutazione è di ridurre i margini dell’importatore
a monte, non di aumentare i prezzi a valle."
"Ma
allora, professore, quand'è che aumentano i prezzi?"
"I prezzi
aumentano solo se la domanda totale sale moltissimo:
precisamente fino al punto di riassorbire la differenza
tra domanda e capacità produttiva del sistema
economico."
"E
ci vuole molto?"
"Eh,
campa cavallo! Oggi in Italia quella differenza è
altissima. Hai voglia a domandare..."
"Vabbè,
ma allora gli italiani non ce la faranno mai a risollevare
la domanda."
"Eh
no,
qua ti sbagli: ce la possono fare, se ritornano alla
sovranità monetaria."
"E
perché?"
"Perché
non è solo questione di stampare lire, mio
caro: la sovranità permette di mettere
in atto politiche di sostegno della domanda,
cosa impossibile nell'euro, e queste politiche riassorbono
questa differenza. La svalutazione è un presupposto
per la ripartenza della domanda, ma occorre che
le politiche di sostegno della domanda vengano messe
in atto."
"Ma
allora l'inflazione quando arriva?"
"Arriva
quando si eccede: ecco, a quel punto c’è
un problema di inflazione. Ma solo a quel punto. Se si
svaluta con l’economia in situazione di piena occupazione,
allora effettivamente l’incremento dei prezzi si verifica,
ma per un motivo diverso: sale la domanda dall’estero,
e questo crea l’eccesso di domanda rispetto all’offerta.
Ora, a parte il fatto che non si capisce perché
un’economia in piena occupazione dovrebbe svalutare,
ti pare questa la situazione dell'Italia di oggi?"
"Manco
per niente. Anzi, è l'opposto. Ma allora Weimar?"
"Sì,
come no, e lo Zimbabwe. Ascoltami bene: all'epoca di Weimar il
governo tedesco aveva un debito da risarcimenti di guerra
da pagare in oro. Ora, per risollevare l’economia
di un Paese in quelle condizioni il governo poteva fare
affidamento solo sulla spesa pubblica. Ma così
facendo, dato che la capacità produttiva
della Germania era insufficiente a soddisfare la domanda
interna, la componente di spesa governativa era
in concorrenza con la spesa dei cittadini per accaparrarsi
quei pochi beni prodotti dall’industria nazionale. Allo
stesso tempo, i produttori nazionali erano costretti
ad indebitarsi in valuta estera per le importazioni
di beni necessari alla loro produzione. Quindi l’ascesa
dei prezzi, dovuta alla scarsità di beni sommata
all’indebitamento in valuta estera dei produttori, causò
una forte svalutazione della valuta nazionale, che a
sua volta incrementò la necessità di indebitamento,
innescando così un rapido processo di iperinflazione.
Hai capito?"
"Più o meno."
"Bene,
ora rispondi a queste domandine: 1. l'Italia
ha un debito da risarcimenti di guerra da pagare
in oro? 2. La capacità produttiva del Paese
è talmente limitata che esiste una scarsità
di beni e servizi? 3. Ritieni che il governo italiano
non sia in condizione di imporre e riscuotere le tasse?"
"La
risposta è no a tutte e tre le domande."
"Ok,
allora niente Weimar per l'Italia. Tutto chiaro?"
"Abbastanza."
"Tutto
questo per dirti che il meccanismo che determina l'inflazione
è piuttosto complesso, e non necessariamente
legato con la svalutazione. Basta pensare che nel 2000, nonostante l’euro si fosse svalutato di quasi il 30% dall’anno precedente, l’inflazione
aumentò di un solo punto (dall’1.6% al 2.6%). Ma
pensiamo poi al “mistero” del 1992: la lira uscì
dallo SME e si svalutò, ma l’inflazione scese
invece di salire: nel 1993 il tasso di inflazione diminuì di mezzo punto
(dal 5% al 4.5%). Perché?
Perché furono attuate, contemporaneamente alla
svalutazione, forti politiche di compressione della
domanda interna. Migliorarono notevolmente, quindi,
i saldi commerciali, ma cadde la domanda interna, la
domanda totale non aumentò e non ci fu una significativa
ripresa della produzione e dell’occupazione. E così
l’inflazione scese. E la sai la cosa più divertente? Perfino il prof. Monti ammise che la svalutazione di circa il 20% ci aveva fatto bene!"
"Ma dai, non ci posso credere!" "Se non ci credi vai a leggerlo, controlla con i tuoi occhi." "Per
la miseria, è vero!". "Insomma: l’idea che il giorno dopo la liberazione dall'euro andremo a comprare il giornale con 2.323 monete da una lira in tasca, al posto di 1.20€, è molto pittoresca, ma la lasceremo al folklore di sinistra: se il governo farà il suo lavoro, ci si andrà con 1.20 nuove lire, che diventeranno 1.30 dopo un anno (contando che l’inflazione aumenti di 6 punti, ad esser pessimisti). Non mi pare una tragedia, rispetto al devastante cambio 1000 lire = 1 euro, che abbiamo subìto per la colpevole inerzia del governo di destra di allora." "Accidenti, è proprio vero che a ragionare per luoghi comuni si sbaglia..." "Eh già: è per questo che il luogocomunismo è da combattere con tutte le nostre forze."
"Cosa
nella quale, professore, lei non è secondo a
nessuno, vero?"
"Modestamente..."
(Fonti: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/15/ http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2013/07/svalutazione-e-inflazione-il-nesso-che.html http://economiaepotere.forumfree.it/?t=63641318 http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/mediacorrotti4.htm) |