USCIRE DALL'EURO CON UN REFERENDUM?

PURA UTOPIA!

 

Il referendum sull'uscita dall'euro (proposta avanzata dal M5S nella persona dello stesso Beppe Grillo) rappresenta a nostro parere un'ipotesi non solo irrealizzabile, ma anche oltremodo pericolosa.

Paolo Becchi[1] aveva spiegato chiaramente lo stato della questione già nel novembre del 2012: “Cominciamo con il chiarire una cosa: dall’Euro l’Italia non potrebbe certo uscire tramite un referendum abrogativo. Non soltanto, infatti, l’art. 75 della Costituzione vieta esplicitamente che possa svolgersi un simile referendum sulle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali ma, secondo una consolidata interpretazione della Consulta, non sarebbe mai possibile interferire, attraverso referendum, con l’ambito di applicazione delle norme comunitarie e con gli obblighi assunti dall’Italia nei confronti dell’Unione Europea. Si dirà: Grillo ha proposto un referendum “propositivo”, non abrogativo. Nel nostro ordinamento, però, non è possibile proporre lo svolgimento di referendum consultivi, al di là delle espresse previsioni della costituzione (articolo 132, ai sensi del quale tali consultazioni riguardano unicamente modifiche ai territori delle Regioni).”

E tuttavia, come fa notare lo stesso Becchi, la proposta di Grillo sembra richiamare espressamente  un precedente, ossia “quanto avvenne nel 1989, quando, con legge costituzionale (3 aprile 1989, n. 2), fu indetto un “referendum di indirizzo” (ossia consultivo) sul conferimento di un mandato al Parlamento Europeo per redigere un progetto di Costituzione europea. Fu necessaria, allora, una legge di iniziativa popolare promossa dal Movimento federalista europeo – successivamente sostituita dalla proposta di legge costituzionale presentata dal Partito Comunista – la cui approvazione richiese la doppia lettura in entrambi i rami del Parlamento, secondo l’iter necessario per le leggi costituzionali. La Costituzione non prevede, nella sua lettera, un’ipotesi simile, ma nell’89 i partiti furono concordi nell’approvare questo strumento atipico (il “referendum di indirizzo”) mediante una legge costituzionale ad hoc, formalmente “in deroga” o “rottura” di quanto previsto dall’art. 75 della Costituzione, per legittimare con il ricorso al voto popolare l’accelerazione del processo di integrazione europea. Ma, limitandosi semplicemente all’indizione di quella singola consultazione, la legge costituzionale non ha introdotto nel nostro ordinamento il referendum di indirizzo, il quale è per così dire, una volta svoltesi le operazioni di voto, uscito dallo scenario costituzionale, facendo così svanire la temporanea “rottura della Costituzione”. Grillo, però, non può non sapere che questa ipotesi non si ripeterà, salvo una vittoria che, al momento, sembra andare al di là di ogni realistica previsione e che porti il Movimento 5 Stelle a diventare, da solo, partito di maggioranza assoluta in Parlamento.”

Poiché, come ben sappiamo, le previsioni del prof. Becchi si sono purtroppo avverate, il M5S non ha i numeri per far approvare una legge costituzionale che permetta di istituire un referendum di questo genere sull’Euro. Oltre tutto, tale referendum sarebbe – come scrive lo stesso Grillo – puramente consultivo, privo di effetti vincolanti, cioè sostanzialmente inutile.

A nostro parere, tuttavia, il problema principale non è nemmeno quello della natura velleitaria dell’iniziativa, bensì quello della sua assoluta NON AUSPICABILITA'.

In effetti, come fa notare opportunamente Mattia Corsini nel capitolo "Documento dei 5 Scenari" a ciò dedicato[2], annunciare pubblicamente ai mercati, alle banche e alla grande speculazione la nostra intenzione di uscire dalla moneta unica porterebbe, in assenza di difese adeguate e limitazioni alla circolazione dei capitali, a gravi problemi di fuga dei residui capitali e vendite massicce di titoli di Stato italiani prezzati in euro (per timore della loro svalutazione, che viene data dal 20% al 30%), con conseguenze potenzialmente pericolosissime per la nostra economia. Ne sono convinti tutti i più insigni commentatori, che infatti raccomandano segretezza assoluta e uscita a borse chiuse e per apposito decreto governativo.

Citiamo l’esempio di Roger Bootle, vincitore del “Wolfson Economics Prize[3], concorso indetto fra 425 economisti per la miglior strategia d’uscita dall’Eurozona, con il suo paper “Leaving the euro: A practical guide”[4]:

  • The early stages of planning for a euro exit should be conducted in secret, although it will be difficult to maintain the secrecy for long.
  • Capital controls and similar measures will need to be implemented fairly early in the preparation stage in order to limit the disruption likely to be caused by the disclosure of the exit plans.
  • Once such measures are in place, exit plans should be implemented swiftly.”[4]

Preparativi SEGRETI, pericolo di fuga informativa ALTO e DISTRUTTIVO, uscita VELOCE. Lo stesso Bootle comunque consiglia, come il nostro gruppo, di eseguire la manovra in collaborazione se possibile con gli altri governi europei, per mantenere rapporti amichevoli.

E CON LA DISINFORMAZIONE COME LA METTIAMO?

C’è poi un grave problema di disinformazione della cittadinanza sull’argomento. Infatti un popolo come quello italiano non dispone neppure delle informazioni minime per poter comprendere che cos'è l'euro e quali sono i suoi effetti sull'economia reale: esso infatti è sottoposto dai primi anni ‘70 ad un condizionamento mediatico che lo obbliga ad ascoltare sempre e solo la stessa campana e a distrarsi con le "gaffe" e i casi giudiziari di Berlusconi, in modo da lasciar agire indisturbati i veri registi della cosiddetta “crisi” europea.

 

La principale strategia di distrazione di massa.

Peggio ancora, il cittadino italiano subisce quotidianamente il terrorismo dei giornalisti a proposito degli effetti devastanti di un’uscita dalla moneta unica e viene sistematicamente convertito, soprattutto dai politici della cosiddetta “sinistra” e dai media da essi controllati, a quella che Alberto Bagnai[6] definisce "la mistica del 'ce lo chiede l'Europa'": una nuova religione che, come tutte le religioni, si esercita in paralogismi che appaiano persuasivi per la ragione, ma che sono in realtà totalmente destituiti di fondamento razionale. Come osserva il prof. Bagnai, la macchina infernale del condizionamento mediatico sta precludendo "la riflessione sugli scopi stessi dell'organizzazione politica umana, sul ruolo delle Costituzioni, sul senso dell'economia sovrastata ormai dalla finanza."

Come si può dunque immaginare che una massa eterodiretta e disinformata, e che oltretutto si ritiene mediamente colpevole della crisi corrente dopo il reiterato bombardamento mediatico su corruzione, evasione fiscale e malcostume diffuso, possa deliberare in modo assennato su una materia così complessa, che implica fra l'altro conoscenze economiche di livello medio-alto?

Come si può anche solo ipotizzare di consegnare una decisione di tale importanza per la vita di tutti a chi, seppur non per colpa sua, "non sa"?

Per tutte queste ragioni riteniamo che chiedere un referendum sull'euro sia un atto pericoloso oltre che inutile, per quanto meritevole in linea di principio. Atto dal quale prendiamo risolutamente le distanze.

 



 

 

 

[5] “Le prime fasi di pianificazione per una uscita dall’euro dovrebbero essere condotte in segreto, anche se sarà difficile mantenere il segreto a lungo. I controlli sui capitali e misure analoghe dovranno essere attuati abbastanza presto nella fase di preparazione, al fine di limitare i disagi che potrebbero essere causati dalla divulgazione dei piani di uscita. Una volta che tali misure sono in atto, i piani di uscita dovrebbero essere attuati rapidamente."