ANALISI
DELLA MONETA UNICA EUROPEA: L'EURO
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Le
informazioni contenute nel presente lavoro sono tratte
dal saggio “For Whom Tolls the Monetary Union: The Three Lessons of the European
Monetary Union” del Prof. Alain Parguez
[1].
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La
"filosofia" alle spalle del progetto Euro
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La struttura
dell'Unione europea (UE) derivante dai trattati di Maastricht (1991) e di
Amsterdam (1997) è la conseguenza logica dell'economia che c'è dietro. Un'attenta
lettura della bibliografia autorizzata – il rapporto Emerson (1990) e il
rapporto Fitoussi (1998) – dimostra che ciò che possiamo chiamare “Euro-economia” ha due fondamenti teorici
principali:
- da un lato, è fondata sulla teoria generale dell'unione monetaria,
che è stata spiegata dettagliatamente negli anni sessanta del ventesimo secolo
da Mundell.
La teoria pura
dell'unione monetaria non è altro che una generalizzazione della teoria
neoclassica mengeriana del denaro. Menger
(1892) intendeva spiegare perché il baratto si sia evoluto in un sistema
monetario come conseguenza delle libere scelte di singoli operatori che
cercavano di ottimizzare la propria ricchezza. Uno spazio economico
plurivalutario deve evolversi in uno spazio economico monovalutario tramite il
medesimo procedimento.
- Dall'altro lato, la
generalizzazione della teoria mengeriana ha avuto successo per via
dell'influenza esercitata da un potente gruppo di economisti e tecnocrati
francesi (qualcuno anche tedesco) sul processo storico che ha condotto
all'Euro. Quello che possiamo chiamare il gruppo dei “tecno-classici” ha magicamente trasformato l'astratta teoria
mengeriana in una serie di princìpi economici che costituirebbero
l'infrastruttura dell'unione monetaria. Ci sono riusciti grazie all'appoggio incondizionato che hanno ricevuto
fin dal principio dalla classe dirigente politica, la quale credeva che
l'unione monetaria fosse la condicio sine
qua non di un nuovo ordine illuminato che proteggesse la gestione
dell'economia dai capricci imposti dal popolo.
Carl Menger è il vero
fondatore della teoria neoclassica pura
del denaro[2].
Con questo suo fondamentale contributo egli vuole dimostrare come l'avvento del
denaro sia la conseguenza naturale della massimizzazione della ricchezza da
parte di singoli operatori. Di conseguenza, logicamente, il denaro è
indipendente da qualsiasi intervento da parte dello Stato, e questo
dimostra che è necessario difendere il denaro dallo Stato.
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La
scuola "tecno-classica" europea e il "nuovo
ordine europeo"
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La
teoria mengeriana ha riscontrato successo in Europa perché è diventata il
nocciolo duro di un piano a lunghissimo periodo, sviluppatosi negli ultimi
trent'anni del ventesimo secolo per culminare nei trattati di Maastricht (1991)
e di Amsterdam (1997). Per almeno sessant'anni, quel piano è stato caldeggiato
da una potente lobby che possiamo soprannominare “scuola tecno-classica
europea”[3].
Viene giudicata
“europea” poiché tutti i suoi appartenenti si trovano in Germania e soprattutto in Francia,
sognando un “nuovo ordine europeo” che
rifiutasse sia il modello americano, tanto odiato per via dei suoi mercati
finanziari deregolati e guidati dalla speculazione, che, ovviamente, il modello
statalista sovietico.
Gli europei
desideravano realizzare un capitalismo guidato che fosse sottomesso alle leggi
della sola ragione, anziché a quelle dell'avidità come avveniva negli Stati
Uniti. Il concetto di “nuovo ordine europeo” era di primaria importanza per i
principali attori del piano, come gli esperti del redressement français che ruotavano intorno a André Tardieu[4],
come François Perroux[5]
negli anni quaranta, cinquanta e sessanta del secondo dopoguerra, e come pure Jacques Rueff, una delle menti del
piano.
Per tutti quanti loro, economia e società erano legate a doppio filo. L'instaurazione
di un nuovo ordine sociale in Europa non era soltanto lo sviluppo naturale del
“nuovo ordine economico”, ma da esso dipendeva anche la sua esistenza (Rueff,
1945 e Perroux, 1954).
I
tecno-classici europei disprezzavano la democrazia parlamentare di vecchio
stampo perché, secondo Rueff (1945, 1958), essa è calibrata in modo da rimpiazzare le leggi naturali dell'economia,
cioè la teoria neoclassica generale del valore, con i capricciosi interessi del
“popolo” basati sui “falsi diritti” creati dallo Stato[6]. La
futura Europa doveva essere organizzata da un qualche dispotismo illuminato, da
un promotore kantian-walrasiano. Perfino sostenitori come Jean Monnet[7],
i quali non condividevano il tenace antiamericanismo degli altri europei, erano
convinti dell'incompatibilità fra il naturale ordine economico e la democrazia
formale.
Perroux (1954) aveva
spiegato perché un piano del genere
poteva avere successo soltanto in Europa e in nessun altro luogo. Il
cosiddetto “nocciolo europeo”, che comprende Francia, Germania, Italia, Spagna,
Portogallo e i paesi del Benelux, era stato protetto contro i semi della
corruzione della dottrina americana del mercato guidata dall'avidità. Le élite europee avevano compreso che per
creare un capitalismo guidato, forte abbastanza da competere per l'egemonia con
quello americano, è necessario un vero “ordine”. “L'ordine” è alla base della
cultura europea; al contrario, gli americani non possono afferrare il concetto
di “ordine naturale”[8].
Il “nuovo ordine”
doveva essere supportato da uno spazio integrato sufficiente. Ferguson (1997) ha evidenziato
l'impatto che ha avuto ciò che egli chiama “determinismo
geografico” sui pianificatori europei, sia tedeschi che francesi. Prendendo
le mosse dallo storico francese Fernand
Braudel (1980), Perroux e altri, tra cui Monnet, erano convinti che lo
spazio disponibile, in termini di mercati integrati, rappresentasse
l'infrastruttura fondamentale dell'economia. Per competere col capitalismo
statunitense, il capitalismo europeo ha
bisogno di uno spazio di supporto che comprenda tutta l'Europa.
Rueff, Perroux e gli altri europei erano ossessionati dall'imperativo
scientifico kantiano che imponeva di proteggere
la gestione dell'economia dall'inutile e capriccioso esercito ottuso della
“politica”. Essendo parte di una struttura di potere, questi europei
detestavano i dibattiti accademici o intellettuali e sapevano che per imporre
il loro programma dovevano accrescere il loro potere convincendo gli esponenti
politici più in vista.
Ci sono riusciti
guadagnandosi prima il supporto
incondizionato dei conservatori di centro e dei partiti cattolici di
centrodestra, poi quello di De
Gaulle e infine quello di François
Mitterrand, che è stato il vero leader europeo ispirato che i pianificatori
europei sognavano sin dalla fine degli anni trenta[9].
I tecnocrati
pro-europei dovrebbero essere considerati “classici” poiché, a partire da Rueff
e Perroux fino ad arrivare ai moderni attori, come la cosiddetta scuola
francese di controllo di Aglietta e soci, la loro visione dell'economia è
costituta in una serie di postulati che,
come sosteneva Keynes, erano l'essenza dell'economia classica. Rueff
[10]
e Aglietta, uno dei massimi esperti
della Commissione Europea sulle questioni monetarie, condividevano con Jacques Delors, uno dei più influenti
artefici dell'unione monetaria, un
totale disprezzo verso Keynes (Parguez, 1998).
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I
princìpi della moneta unica europea
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- In un'unione monetaria di tipo mengeriano, c'è un
unico set di prezzi in termini di merce-moneta, compreso il lavoro,
che generano un equilibrio generale e una distribuzione ottimale delle risorse.
Ipotizzando dei mercati perfettamente flessibili, quindi privi di interventi
esterni, il tâtonnement
[= aggiustamento, N.d.R.] imporrà sempre dei prezzi di equilibrio. Lì la legge di Say [secondo la quale
l'offerta è sempre in grado di creare la propria domanda, N.d.R.] è valida,
perché la produttività non può essere imposta dalla domanda
fino a quando la transazione avviene in merce-moneta, la quale è abbastanza
scarsa da fornire agli individui il valore costante richiesto.
- La valuta unica deve essere quindi assolutamente
esogena [= determinata da fattori
esterni, N.d.R.] per
quanto riguarda la domanda, che include anche la richiesta di denaro da
parte degli individui. Quindi, è la Banca
Centrale Europea (BCE) a determinare la fornitura di moneta.
- In accordo con la
logica mengeriana, la moneta non esiste se non ha un valore
intrinseco così alto da indurre gli individui razionali a volerla possedere. La moneta non può acquisire questo valore
necessario se non è un bene scarso. E la moneta è scarsa soltanto se viene
gestita da una Banca Centrale, la quale si impegna a garantire che l’inflazione
si mantenga stabilmente a bassi livelli
[11].
- Dato che la Banca
Centrale è la sola fonte di moneta, essa
deve essere difesa contro la depravazione dei “politici spendaccioni” che
corteggiano un elettorato ignorante. Rueff (1945) aveva illustrato la
famosa dottrina dei “falsi diritti” che divenne la pietra angolare
dell'economia dell'unione monetaria pianificata.
Quando uno stato è in
deficit, ciò significa che una porzione delle sue spese è finanziata dalla creazione di moneta da
parte della Banca Centrale. Rueff sosteneva che il deficit permettesse allo
Stato di mantenere gli individui improduttivi grazie ai
programmi sociali e alle politiche di sussidio. La creazione di moneta equivale
alla quantità di “falsi diritti” concessi agli improduttivi. Per dirla in termini rueffiani, gli improduttivi,
avvalendosi dei propri “falsi diritti”, provocano inflazione, la quale porta a
un trasferimento forzato di una porzione del prodotto dai produttivi alla
“clientela” dei politici (coloro che li votano perché vivono del loro
sperpero). Dal punto di vista dei
produttivi, quindi, la creazione di moneta ad uso dello Stato è una tassa, in
contraddizione con la distribuzione ottimale delle risorse.
La dottrina dei “falsi
diritti” ha portato Rueff e i suoi seguaci alla conclusione che la Banca Centrale non deve mai creare
moneta per alcuna autorità pubblica, quindi deve essere totalmente indipendente
dagli Stati membri della futura unione monetaria.
Questa indipendenza
è garantita da due vincoli all'interno della struttura istituzionale
dell'unione monetaria:
I. Alla Banca Centrale Europea è
severamente proibito creare moneta che potrebbe finanziare la spesa degli Stati
membri.
II. Gli Stati membri devono avere come
obiettivo minimo il pareggio di bilancio
[12].
La
riluttanza e lo scetticismo di molti economisti verso la moneta unica emergono
bene dal lavoro di L. Jonung e E. Drea dal
titolo “The euro: It can’t happen, It’s a
bad idea, It won’t last. US economists on the EMU, 1989 - 2002” [13],
il quale paradossalmente nasceva con l’intento di dimostrare come le analisi di circa 170
economisti USA, che tra il 1989 e il 2002 studiarono ed evidenziarono i difetti
intrinseci nell'Euro, fossero sbagliate, in funzione del fatto che l’euro stesso
era “sopravvissuto” alle catastrofiche previsioni degli stessi analisti ed
economisti; la realtà, invece, ha finito semplicemente col confermare come le
loro previsioni si stiano avverando negli ultimi anni, e come i sintomi fossero ben
visibili fin dall'inizio[14].
A tal proposito ci
sentiamo di menzionare una analisi compiuta nel 2011 dal Prof. Bagnai, dal significativo titolo “Euro: una catastrofe annunciata”
[15]. Risulta poi
curiosa, sempre in tale ambito, la disamina compiuta dal Prof. Friedman, noto monetarista e convinto assertore della “superiorità”
del mercato e della libera concorrenza:
“Dal punto di vista scientifico l'euro è la cosa più interessante.
Penso che sarà un miracolo – un miracolo un po' difficile. Penso che sia
altamente improbabile che sia avviato ad essere un gran successo. Ma diventerà
molto interessante vedere come funziona”
[16].
Il processo di
creazione dell’unione monetaria, iniziato al termine degli anni ‘80, è stato
scandito da alcune importanti tappe
storiche che ne hanno modellato le caratteristiche fondanti. Il Trattato di Maastricht (1992)
istituisce l’unità di conto europea ECU,
progenitrice della moneta unica che sarebbe entrata in vigore nel 2001, e
impone ai Paesi che si avviano verso l'unificazione delle valute due vincoli di
bilancio:
a) un tetto massimo del 60% per il rapporto
debito/PIL;
b) un vincolo del 3% per il rapporto deficit/PIL
annuale.
I successivi sviluppi
del processo di avvicinamento verso l’euro sono segnati da una crescente
attenzione verso l’irrigidimento delle politiche fiscali dei Paesi membri: su tutte il
divieto di finanziamento monetario degli Stati membri da parte della BCE
[17]
e le sue collegate e l’introduzione del vincolo del pareggio di bilancio di
lungo periodo (Patto di Stabilità e Crescita 1998).
Il tutto culmina nel 1999 mediante la fissazione
irrevocabile dei tassi di cambio delle monete nazionali, e successiva
introduzione della moneta unica due anni dopo.
Figura 1: Le tre fasi dell’avvicinamento
verso l’Unione Monetaria secondo il Rapporto Delors (fonte: ecb.int).
Fonte:
http://arjelle.altervista.org/Scenari/Introduzione_Epic.htm#euro
[2] I teoremi mengeriani sono
il fondamento dell'intera teoria della moneta neo-classica (Parguez e
Seccareccia 2000).
[3] Una simile lobby non è mai
esistita né in U.S.A. né in Canada (Parguez, 1999b).
[4] Su André Tardieu, si veda Tardieux (1934). André Tardieu disprezzava la democrazia
francese. Il suo disprezzo era radicato nella incapacità, per un elettorato
ignorante, di cogliere le esigenze di una moneta solida.
[5] Sulle idee di François
Perroux, si veda, per esempio, Perroux (1954), un lavoro pioneristico
sull'ideologia europea, e Perroux (1961). Perroux, come la maggioranza degli
economisti francesi, aveva solo disprezzo per Keynes. Si è formato presso
la scuola economica austriaca, con cui condivideva il disprezzo per la democrazia.
Aveva appoggiato la pianificazione perché era il prerequisito essenziale per il
nuovo ordine economico. Perroux e Rueff condividevano l'anti-Keynesismo, mentre
erano in disaccordo sulla necessità di un piano.
[6] Tale disprezzo per una
democrazia governata dall'ignoranza era una tradizione consolidata tra gli
economisti, specialmente francesi. Può essere collegata da “Tocquevillian
rejection” alle barbare regole della democrazia americana.
[7] Jean Monnet è stato una figura talmente influente da
determinare vere e proprie figure professionali dedicate proprio alla
diffusione dell'Europa e dell'europeismo così come concepiti. Per ulteriori
informazioni invitiamo il lettore a leggere il seguente link:
http://www.programmallp.it/index.php?id_cnt=215
[8] La dottrina dell'ordine
naturale è radicata sia nella filosofia di Martin Heidegger e prima di lui nel
patrimonio Kantiano, che è immersa nella cosidetta “filosofia illuminista
francese”. L' “Ordine” che è l'ultima essenza di realtà nascosta oltre il velo
del linguaggio. Non si può negare che l'Europa ne sia un'essenza pura.
[9] Mitterrand non è mai stato
un socialista o un socialdemocratico. Ha utilizzato una retorica di sinistra
per ottenere il supporto degli elettori di sinistra. Il suo consigliere più
vicino, Jacques Attali, ha convinto
Mitterrand che lui fosse “l'eletto” - il vero “despota illuminato” - che
avrebbe potuto ottenere la modernizzazione della Francia attuando il “Nuovo
Ordine”. Lui capì che la Francia poteva diventare il leader dell'ultima fase
del piano europeo. Attali e tutti i consiglieri di Mitterrand condividevano con
Rueff e Perroux un totale disprezzo per Keynes e i suoi seguaci. Uno studio
completo sull'amministrazione di Mitterand è ancora mancante. Rivelerebbe che
esso non può essere interpretato nel tradizionale schema destra-sinistra.
[10] Sul radicale sentimento
anti-keynesiano che ha caratterizzato gli economisti di sinistra francesi come
Aglietta e altri, che hanno giocato il ruolo di esperti nell'amministrazione
Mitterand, vedere Parguez (1990, 1998).
[11] Come da statuto BCE, essa
ha come obiettivo prioritario da perseguire la stabilità dei prezzi. Tale
assunto è di per sé illogico se ad essa non viene parametrata una piena
occupazione, che manca, nello statuto stesso, in maniera “quasi inspiegabile,
ma poi del tutto congrua alla filosofia mengeriana orientata al paradigma della
scarsità come elemento che determini il concetto di “valore”.
Il problema
principale che si pone con la BCE è comunque che essa non può sostenere
direttamente la spesa pubblica, né "monetizzando" i deficit del
governo, né contenendo il tasso d'interesse mediante interventi sul mercato
primario.
[12] Provvedimento approvato in
maniera incredibilmente solerte da parte del nostro Parlamento Nazionale, con
legge costituzionale del 20 aprile 2012, andando a modificare l’articolo 81
come da link:
http://www.senato.it/1025?sezione=127&articolo_numero_articolo=81
ed in
ottemperanza ad obblighi derivanti dalla direttiva 2011/85/UE come da link:
http://leg16.camera.it/465?area=8&tema=496&Il+pareggio+di+bilancio+in+Costituzione
[13] http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/publication16345_en.pdf
[14] Tra le stesse si annovera
la previsione di Krugman, 1998 che appunto sottolineava il fatto che i Paesi
che avessero adottato l’euro, avrebbero rinunciato di fatto alla loro sovranità
monetaria.
[15] http://goofynomics.blogspot.it/2011/12/euro-una-catastrofe-annunciata.html
[16] Milton Friedman, 2000.
[17] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2008:115:0047:0199:it:PDF “Articolo 123 (ex articolo 101 del TCE):
1. Sono vietati la concessione di scoperti di conto
o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca
centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in
appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od
organismi dell'Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali,
locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a
imprese pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di
essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali
nazionali.
2. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano
agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell'offerta di
liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali
nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti
creditizi privati.
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