Chi si illude che l'euro "si autodistrugga"
o che l'uscita dall'Unione Europea e dall'euro sia
dietro l'angolo, si sbaglia di grosso: troppi interessi
economici e politici sono in ballo, anche senza tener conto delle ipotesi
di coloro che, a nostro avviso sensatamente,
vedono dietro la creazione dell'UE la realizzazione
di un progetto totalitario volto alla distruzione
degli Stati nazionali e ad una neo-feudalizzazione
dell'Europa [1]. I nostri politici
appaiono tutti, più o meno senza eccezione,
collusi con questo stato di cose, in particolare
la cosiddetta "sinistra", ed i media
da essi controllati spacciano quotidianamente una
visione completamente falsata e distorta della realtà (si
veda il caso esemplare della triade Gruber, Scalfari,
Floris stigmatizzato qui).
Tutto questo rende altamente
improbabile l'ipotesi di una imminente liberazione dall'euro.
E' dunque necessario prevedere
delle strategie di sopravvivenza che ci consentano
di far fronte all'emergenza che ci attende; e fra queste
strategie rivestono particolare importanza le ipotesi
di "moneta complementare".
Sia ben chiaro: si tratta di palliativi, che hanno
senso se visti come provvedimenti-salvagente. Diversamente si teme che concentrarci su queste proposte ci faccia perdere di vista l’obiettivo principale, cioè l’uscita dall’eurozona come unica alternativa.
Esiste
tuttavia una proposta che, oltre a configurarsi come
un'alternativa alla "moneta unica", tiene conto di questo obiettivo:
si tratta dei CCF (Certificati
di Credito Fiscale) di Marco Cattaneo (affini
per molti versi ai "tax-backed bonds"
di Warren Mosler [2]),
che possono configurarsi anche come strumento propedeutico all’uscita dall’eurozona.
Con questa soluzione [3]
si riducono di 100 miliardi
le tasse sulle aziende e di 50 miliardi le tasse sul lavoro, agendo
direttamente sul cuneo fiscale [4]
e creando 150 miliardi di potere d’acquisto immediatamente. Questo senza uscire
(per ora)
dall’Euro, senza bisogno di cancellare o rinegoziare (per ora) i trattati europei, utilizzando solo
i poteri attuali del governo italiano nell’ambito dell’Eurozona.
Vediamo
come.
Riforma
Morbida del sistema monetario e dell’economia italiana:
principali
caratteristiche e vantaggi rispetto al break-up dell’euro
Le
controindicazioni di un processo di break-up dell’euro
derivano dal fatto che una serie di rapporti contrattuali
e di posizioni di debito e credito subiscono una conversione
della valuta in cui sono espressi. Stipendi, pensioni,
contratti d’affitto, contratti di fornitura, contratti
di finanziamento, in caso di break-up trasformano la
loro valuta di denominazione in una moneta di minor
valore.
Confusione,
complicazioni, contenziosi legali, effetti redistributivi,
incertezza sulle reazioni delle controparti, turbolenze
sui mercati finanziari, instabilità del sistema
bancario, sotto TUTTE in un modo o nell’altro conseguenze
derivanti dalla ridenominazione dei contratti in essere
al momento del break-up. Sono prevedibili forti ostilità
a qualsiasi ipotesi di questa natura da parte di gruppi
d’interesse molto influenti quali le aziende tedesche
e degli altri paesi dell’area ex-marco, che si troverebbero
immediatamente a operare con una moneta rivalutata,
e i mercati finanziari, dove gli operatori che detengono
crediti verso l’Italia subirebbero una perdita sui loro
crediti.
Tuttavia
anche i cittadini italiani, compresi molti di coloro
che stanno sempre più capendo la relazione tra
disfunzionalità del sistema monetario e problemi
economici del Paese, vivono comunque con disagio la
possibilità di vedere i loro risparmi, le loro
retribuzioni e le loro pensioni trasformate in un’unità
monetaria di minor valore.
Queste
ultime preoccupazioni sono di natura prevalentemente
psicologica, in quanto non c'è da aspettarsi
l'emergere di fenomeni inflattivi (in seguito al break-up)
se non su scala molto inferiore all’entità della
svalutazione. Ma costituiscono comunque un forte freno
all’emergere di un netto consenso della pubblica opinione
in favore del break-up.
Ci
sono poi le difficoltà tecniche di gestire un
processo di break-up senza che si producano fughe
di notizie, turbative di mercato, corse agli sportelli
bancari e fughe di depositi, eccetera.
Controproponiamo
una riforma del sistema monetario che permetta di conseguire
TUTTI i risultati che ci si propongono in seguito al
break-up; e cioè:
- PRIMO,
eliminazione degli squilibri di competitività
tra paesi appartenenti all’eurozona;
- SECONDO,
sviluppo di politiche economiche di pieno impiego;
- TERZO,
finanziamento del settore pubblico senza emettere
debito in una moneta che lo stato non gestisce
e non controlla.
Questo
senza che si ridenomini nessuno dei rapporti contrattuali
pregressi. Una riforma del genere è nettamente
più efficace e meno rischiosa di un break-up,
suscita di gran lunga meno ostilità, meno inquietudini
e dubbi nella pubblica opinione, e ha difficoltà
di esecuzione enormemente inferiori.
Tra
l’altro, la Riforma Morbida è attuabile SENZA
che debbano essere effettuate richieste di alcun tipo
ad altri stati membri dell’Eurozona e in particolare
alla Germania (richieste quali eurobond, trasferimenti
finanziari o qualsiasi altra forma di sostegno).
La
strada da seguire non è quindi di rottura, ma
di affiancamento e sostituzione (come suggerito anche
da Warren
Mosler in una sua ipotesi di "exit strategy").
Fermo restando che tutti gli effetti benefici del
recupero di sovranità monetaria possono, e devono,
essere conseguiti immediatamente.
Tutto
quanto sopra esposto è ottenibile con un processo
articolato nei seguenti passaggi:
- UNO:
Certificati di Credito Fiscale (CCF) vengono
assegnati gratuitamente a cittadini e aziende,
e utilizzati dallo stato per finanziare provvedimenti
di spesa. Le assegnazioni annue sono adeguate,
in quantità, a riportare l’economia italiana
al pieno impiego (stima attuale: 200 miliardi
annui). Una quota è assegnata alle aziende
in funzione dei costi di lavoro sostenuti, per
riportare la loro competitività al livello
dei paesi più efficienti dell’Eurozona
(principalmente la Germania: stima attuale 80
miliardi annui) ed evitare il formarsi di sbilanci
commerciali (l’obbiettivo è un saldo
import-export tendenzialmente in pareggio).
- DUE:
I CCF, che possono anche essere denominati Lire
Fiscali, saranno negoziabili tra gli assegnatari
e il sistema bancario (gli assegnatari potranno
cioè convertirli in euro) e anche utilizzati
in transazioni tra privati. Sicuramente tramite
supporti elettronici / informatici; eventualmente
potranno essere emessi titoli bancari cartacei
al portatore rappresentativi di Lire Fiscali
(in pratica sarebbero banconote: da valutare
le esigenze di compatibilità con l’art.
105 del trattato di Maastricht).
- TRE:
con effetto immediato, lo Stato italiano cesserà
di emettere titoli di debito pubblico in euro.
Le emissioni saranno esclusivamente denominate
in Lire Fiscali: daranno quindi diritto al rimborso
di capitale e interessi in moneta utilizzabile
per pagare obbligazioni finanziarie verso lo
Stato italiano.
- QUATTRO:
nessun rapporto di debito/credito, nessun contratto,
nessun rapporto di lavoro, nessun impegno per
pagamento di pensioni (eccetera) verrà
convertito da euro a Lire Fiscali.
- CINQUE:
tuttavia è prevedibile che i NUOVI contratti
di lavoro, finanziamento eccetera vengano sempre
più spesso stipulati in Lire Fiscali
e non in euro.
- SEI:
nel giro di qualche anno con ogni probabilità
l’utilizzo della Lira Fiscale (moneta sovrana)
risulterà predominante rispetto a quello
dell’euro (moneta non sovrana).
Riguardo
ai rapporti con l’Unione Europea, va precisato che quanto
sopra deve essere messo in atto SENZA trattative o richieste
di autorizzazioni, in quanto non viola nessun trattato
ed è, d’altra parte, ESSENZIALE per il ripristino
di adeguate condizioni di occupazione e sviluppo.
Potrà
eventualmente essere tenuto un referendum per stabilire
la completa cessazione dell’utilizzo dell’euro da parte
della pubblica amministrazione italiana (in luogo del
quale verrebbe, in questo caso, esclusivamente utilizzata
la Lira Fiscale). Tutto questo però SUCCESSIVAMENTE
a quanto esposto ai precedenti punti UNO, DUE, TRE e
QUATTRO (e senza che il referendum sia precondizione
per metterli in atto).
COME
FUNZIONANO I CERTIFICATI DI CREDITO FISCALE (CCF)
Come
funziona il meccanismo? Molto semplicemente, il dipendente riceve
un’integrazione di reddito sotto forma di Certificati.
La misura proposta è il 10%. Se il tuo netto
mensile è 2.000 euro, continui a percepire 2.000
euro e, in aggiunta, un Certificato dell’importo di
200 euro (ogni mese).
Il
datore di lavoro riceve a sua volta un contributo, sotto
forma di CCF, pari al 10% del suo costo totale.
Per dare 2.000 euro netti a un dipendente, l’azienda
sostiene un costo totale di circa il doppio, 4.000 euro
(netto + tasse + contributi sociali ecc.): l’azienda
continua a versare 4.000 euro al mese, parte al dipendente,
parte al fisco, parte all’INPS. Gli viene però
nello stesso tempo assegnato un Certificato di 400 euro
di importo.
I
CCF assumono valore per chi li percepisce perché
sono un equivalente della moneta statale. Lo Stato si
impegna ad accettarli, a partire da due anni dopo la
loro emissione, per qualsiasi tipo di pagamento dovutogli:
tasse, imposte, ticket sanitari, multe ecc.
E se
ho bisogno di monetizzarli in anticipo? Il progetto
prevede di emettere ogni anno circa 150 miliardi di
CCF, che verranno poi utilizzati due anni dopo l’emissione.
Ci saranno quindi costantemente in circolazione circa
300 miliardi di CCF: quelli emessi nell’anno in corso
e quelli dell’anno precedente. Hanno un valore di utilizzo
finale certo, in quanto lo Stato li accetterà
illimitatamente. Potranno essere monetizzati in anticipo
perché si verrà a creare un mercato,
esattamente come per i titoli di Stato: vado in banca
e li vendo con un piccolo sconto calcolato con tassi
analoghi a quelli di un BOT a due anni.
Il
compratore sarà un soggetto che li utilizza,
alla data finale, per soddisfare oneri che avrà
nei confronti dello Stato.
Ma
perché è previsto un utilizzo differito,
dopo due anni? Perché se l’utilizzo fosse
immediato, sarebbe come attuare subito una forte riduzione
delle imposte. Questo graverebbe sul deficit pubblico.
Con il differimento, invece, lo sgravio fiscale produce,
a parità di condizioni, un aumento del deficit
solo dopo due anni: ma a quel punto, proprio grazie
alla maggiore disponibilità economica, si
è prodotta una forte ripresa e quindi maggiori
entrate fiscali, che compensano l’utilizzo dei CCF.
Si
produrrà una forte ripresa dell’economia perché
circolerà molto più potere d’acquisto,
da un lato, e i costi delle aziende si abbasseranno
fortemente, dall’altro. Quindi più domanda
interna, più competitività nelle esportazioni,
possibilità di proporre beni e servizi a condizioni
migliori ai clienti sia italiani che esteri.
Soprattutto, i
Certificati emessi non sono un incremento
del debito pubblico perché non esiste un
impegno di rimborso. Lo Stato italiano non darà,
alla scadenza, euro a rimborso dei CCF: li accetterà
a pagamento delle sue spettanze, esattamente come avviene
per la moneta.
I certificati proposti da Cattaneo puntano al
fatto che in due anni il reddito
nominale dell’Italia cresca di almeno 300 miliardi circa, per cui, anche se lo
Stato perde 150 miliardi di tasse, a regime lo si compensa con l’incremento di
reddito (di cui quasi metà finisce in tasse). Semplificando, dopo due anni
lo Stato si ritrova 150 miliardi in meno di incassi (tasse): Cattaneo calcola
che l’iniezione choc di 150 miliardi l’anno nell’economia produca un reddito
nominale addizionale anche di 400 miliardi (in ogni caso più del doppio dei 150
miliardi annui persi di tasse).
Questo discorso sulla riduzione di tasse tramite
i CCF va integrato con una adeguata
strategia per quanto riguarda i titoli di Stato: infatti il mercato
finanzario può ugualmente attaccare l’Italia, poiché vede lo Stato italiano
rinunciare a 150 miliardi su 714 di entrate "scommettendo" sul
rimbalzo dell’economia per recuperarli in due anni. Si può dunque avere un
attacco speculativo sui BTP.
Bisogna dunque smettere, per un certo periodo
(indicativamente due anni), di emettere BTP, sostituendoli con BOT, e stipulare
un accordo con le banche italiane perché li acquistino all’1% o ad un
rendimento leggermente superiore al loro costo medio di raccolta. Questo riduce
automaticamente il costo dell’indebitamento e taglia fuori il “mercato”, perché
per due anni sono le banche italiane ad acquistare i BOT.
Possono farlo? Certo che sì: i BOT non richiedono
capitale addizionale, secondo gli accordi di Basilea.
Per ovviare al potenziale problema di mancanza di
fondi per finanziare il rimborso dei CCF dopo 2 anni, potrebbe essere previsto
un meccanismo "revolving", che consentisse un "premio" sul
nominale in caso di rinnovo del CCF anziché di richiesta di rimborso. In parole
povere, a scadenza si può offrire l'opzione di utilizzare i CCF oppure
rinnovarli "a premio" (esempio: invece di "incassare" un
CCF di 100 €, si può dare l'opportunità di scegliere tra il rimborso o il
rinnovo a 110 €, con un premio del 10% sul nominale nel caso in oggetto).
A
detta dello stesso Marco Cattaneo, che di recente ha avuto un interessante e
costruttivo confronto con Warren Mosler in proposito[5],
il ricorso ai CCF non è da considerare un semplice palliativo, ma una vera e
propria alternativa all'uscita dall'euro ove questa non risultasse praticabile,
quasi altrettanto efficace sul piano economico. Infatti, "grazie al fatto
che una parte significativa delle emissioni di CCF riduce il costo del lavoro
effettivo per le aziende italiane, è possibile riportarne la competitività
ai livelli della Germania. Più in generale, l’emissione di CCF può essere
effettuata da tutti i Paesi appartenenti all’eurozona la cui
competitività è oggi peggiore rispetto a quella dell’ex area marco. In questo
modo, otteniamo effetti di riequilibrio analoghi a quelli che, in un regime
di cambi flessibili, sono conseguiti mediante un riallineamento valutario.
I
CCF sono quindi uno strumento che:
I. dà alle
economie in situazione di domanda depressa la possibilità di espanderla, e
quindi di produrre una forte ripresa dell’attività economica, mediante
emissione di uno strumento di natura monetaria;
II. consente
di eliminare le differenze di competitività dei vari Paesi appartenenti
all’eurozona, senza passare tramite manovre di deflazione salariale e
compressione dei redditi."
In
tal senso, osserva ancora Cattaneo, essi sono "una soluzione sostenibile
nel tempo, appunto in quanto rimuovono le due principali cause di inefficienza
del sistema euro.
E’
vero che, successivamente all'introduzione dei CCF, saranno necessarie azioni
di “fine tuning” per tener conto dell’evoluzione delle variabili economiche -
tra cui future ulteriori differenze di competitività che venissero a
determinarsi all’interno dell’eurozona: per esempio modificando la dimensione
delle emissioni di CCF, l’allocazione tra imprese e lavoratori, le
caratteristiche di progressività, eccetera; ma questo rientrerà in un normale
processo di gestione della politica economica italiana (e degli altri Paesi che
adotteranno lo strumento CCF).
Resta
peraltro aperta anche la possibilità che, nel giro di qualche anno, l’utilizzo dei
CCF si incrementi (ad esempio, quote di spesa pubblica potrebbero essere pagate
con CCF di nuova emissione, via via che aumenterà la consuetudine e
l’accettazione del pubblico). I CCF possono quindi anche essere uno
strumento propedeutico all’uscita dall’eurozona, mediante un meccanismo
graduale e senza le complicazioni organizzative, tra cui la necessità di
procedere in segretezza, che un break-up “secco” necessariamente implica."
La
conclusione di Cattaneo è che "il progetto CCF risolve entrambi i problemi
fondamentali dell’attuale assetto dell’eurozona: permette di attuare, nei
Paesi in difficoltà, politiche di sostegno della domanda finanziate da
espansione monetaria; e riallinea la competitività dei vari Paesi con
un’efficienza simile a quella consentita da un regime di cambi flessibili.
Inoltre, lascia aperta la strada dell’uscita dell’eurozona, e
consente di attuarla in forma “morbida” e non caotica."
Fonti: http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2014/02/riforma-morbida-del-sistema-monetario-e.html
http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2013/01/certificati-di-credito-fiscale-per.html
[1] Si veda ad
esempio Alain Parguez, For Whom Tolls the Monetary Union: The Three Lessons of the European Monetary Union”,
oppure http://economiaepotere.forumfree.it/?t=61022468
[3] http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2013/01/certificati-di-credito-fiscale-per.html
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