Il
fatto
è
che
tutti questi
critici
sono
troppo
impegnati
a spaccare
il
capello
in
quattro
per
cogliere il
dato
essenziale:
e
cioè
il
fatto
che
le
due
tombe
sono
identiche
ed
il
paesaggio
in
cui
sono
immerse
è
similissimo,
se
non
proprio
uguale
(a
parte
il
fatto
che
al
pittore
potrebbe
ben
essere
concessa una
piccola
"licenza
poetica").
Inoltre,
quand'anche
si
trattasse
del
Monte
Cardou
e
non
delle
alture
di
Les
Pontils,
il
significato
del
dipinto
non
cambierebbe,
come
vedremo
fra
poco.
Se
l'identificazione
del
monte
sulla
destra
non
è
affatto
sicura,
bisogna
notare,
per
amore
di
completezza,
che
alcuni
contestano
anche
l'identificazione
dell'altura
di
sinistra,
ravvisando
in
essa
il
profilo
della
rocca
di
Montségur,
ultimo
baluardo
dell'eroica
resistenza
dei
càtari,
capitolata
nel
marzo
del
1244
dopo
undici mesi
di
assedio.
Anche
in
questo
caso
si
tratterebbe
di
una
"crasi"
e
di
un
paesaggio
sostanzialmente
di
fantasia.
A
noi
non
pare
che
si
tratti
di
Montségur,
ma anche
in
questo
caso
il
significato
generale
del
dipinto
non
cambierebbe
di
molto,
dato
che
tutto
continuerebbe
a
ruotare
intorno
al
mistero
del Santo
Graal,
di
cui
si
diceva
che
i
càtari
fossero
i
custodi.
Il
profilo
dell'altura
di
sinistra
e
la
rocca
di
Montségur
Prevale,
nonostante
tutto,
l'ipotesi
che
Poussin abbia
volutamente
riunito
in
un
unico
paesaggio
due
luoghi
diversi:
sulla
sinistra
del
quadro
la
collina
dei
Blanchefort,
e
sulla destra
i
rilievi di
Grand Bergue, Las Tostonas, Cardaussel e Quirautier che sorgono alle
spalle
di
Les
Pontils, riprodotti
con
discreta
precisione,
anche
se
non
in
modo
perfettamente
esatto;
si
osservi
il
fotomontaggio
qui
sotto:
Ma
perché
mai
Poussin
avrebbe
fatto
questa
sovrapposizione?
Secondo
alcuni
la
"confusione"
è
intenzionale
e
fornisce
un
ben
preciso
indizio,
riguardante
l'ubicazione
della
tomba
e
forse
l'identità
di
chi
vi
era
rinchiuso.
Tutti
ormai
sanno,
da
Dan
Brown
in
avanti,
che
questi
luoghi
sono
intimamente
connessi
con
la
storia
del
Santo
Graal
così
come
reinterpretata
dal
sedicente
Priorato
di
Sion
e
da
Baigent,
Leigh
e
Lincoln
nel
loro
più
volte
menzionato
best-seller
Il
Santo
Graal;
quanto
ai
càtari,
come
accennato
in
precedenza,
proprio
a
loro
(ed
ai
Templari)
sarebbe
stata
affidata
la
custodia
del
Graal,
qualunque
cosa
fosse.
In
questa
versione
dei
fatti,
tuttavia,
il
Santo
Graal
sarebbe
poco
più
che
una
metafora
per
indicare il
ventre
di
Maria
Maddalena
(considerata
la
regolare
consorte
di
Gesù)
in
quanto
madre
dei
figli
di
Cristo;
il
grande
segreto
custodito
dai
càtari
e
dai
Templari
sarebbe
quello
del
presunto
arrivo
in
Provenza,
proprio
nella
zona
di
Rennes
Les
Bains,
di
Maria
Maddalena
e,
forse,
dello
stesso
Gesù,
scampato
alla
crocifissione
(di
qui,
si
dice,
il
tipico
disprezzo
dei
Templari
per
il
crocifisso,
sul
quale
erano
accusati
di
sputare).
Ammettendo
che
questo
fosse
vero,
è
evidente
che
dovrebbe pur
esistere
da
qualche
parte,
in
quella
zona,
la
loro
tomba,
ed
è
altrettanto
evidente
che
questo
è
inammissibile
per
la
Chiesa,
che
fonda
la
propria
autorità
sul
dogma
della
resurrezione
e
sull'eredità
di
Cristo
in
favore
di
Pietro,
eredità
evidentemente
messa
in
crisi
dall'esistenza
di
"veri"
eredi
di
Gesù
e
della
Maddalena.
Appunto
per
tutelare
questi
eredi,
che,
come
si
è
detto,
avrebbero
dato
luogo
alla
dinastia
dei
Merovingi, e
per
tenerli
al
riparo
dal
tentativo
della
Chiesa
di
sterminarli,
sarebbe
nato
il
fantomatico
Priorato
di
Sion.
Qualcuno
ipotizza
addirittura
che
i
resti
della
tomba
di
Les
Pontils,
rintracciata
e
profanata
dall'abate
Bigou
verso
la
fine
del
Settecento,
siano
stati
traslati
dal
curato
stesso
nella
tomba
della
marchesa
di
Hautpoul-Blanchefort.
Di
chi
erano
quei
resti?
E
per
quale
motivo
sulla
lastra
tombale
della
marchesa
era
inciso
(pare)
il
motto
Et
in
Arcadia
Ego?
Ripercorriamo
la
strana
storia
della
tomba
della
marchesa
Marie de Negri d’Ablès, dama di
Hautpoul-Blanchefort.
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