POUSSIN: LES BERGERS D'ARCADIE, 1639-40

 

 

Il fatto è che tutti questi critici sono troppo impegnati a spaccare il capello in quattro per cogliere il dato essenziale: e cioè il fatto che le due tombe sono identiche ed il paesaggio in cui sono immerse è similissimo, se non proprio uguale (a parte il fatto che al pittore potrebbe ben essere concessa una piccola "licenza poetica"). Inoltre, quand'anche si trattasse del Monte Cardou e non delle alture di Les Pontils, il significato del dipinto non cambierebbe, come vedremo fra poco.

Se l'identificazione del monte sulla destra non è affatto sicura, bisogna notare, per amore di completezza, che alcuni contestano anche l'identificazione dell'altura di sinistra, ravvisando in essa il profilo della rocca di Montségur, ultimo baluardo dell'eroica resistenza dei càtari, capitolata nel marzo del 1244 dopo undici mesi di assedio. Anche in questo caso si tratterebbe di una "crasi" e di un paesaggio sostanzialmente di fantasia. A noi non pare che si tratti di Montségur, ma anche in questo caso il significato generale del dipinto non cambierebbe di molto, dato che tutto continuerebbe a ruotare intorno al mistero del Santo Graal, di cui si diceva che i càtari fossero i custodi.

 

    

 

Il profilo dell'altura di sinistra e la rocca di Montségur

 

Prevale, nonostante tutto, l'ipotesi che Poussin abbia volutamente riunito in un unico paesaggio due luoghi diversi: sulla sinistra del quadro la collina dei Blanchefort, e sulla destra i rilievi di Grand Bergue, Las Tostonas, Cardaussel e Quirautier che sorgono alle spalle di Les Pontils, riprodotti con discreta precisione, anche se non in modo perfettamente esatto; si osservi il fotomontaggio qui sotto:

 

  

Ma perché mai Poussin avrebbe fatto questa sovrapposizione?

Secondo alcuni la "confusione" è intenzionale e fornisce un ben preciso indizio, riguardante l'ubicazione della tomba e forse l'identità di chi vi era rinchiuso.

Tutti ormai sanno, da Dan Brown in avanti, che questi luoghi sono intimamente connessi con la storia del Santo Graal così come reinterpretata dal sedicente Priorato di Sion e da Baigent, Leigh e Lincoln nel loro più volte menzionato best-seller Il Santo Graal; quanto ai càtari, come accennato in precedenza, proprio a loro (ed ai Templari) sarebbe stata affidata la custodia del Graal, qualunque cosa fosse.

In questa versione dei fatti, tuttavia, il Santo Graal sarebbe poco più che una metafora per indicare il ventre di Maria Maddalena (considerata la regolare consorte di Gesù) in quanto madre dei figli di Cristo; il grande segreto custodito dai càtari e dai Templari sarebbe quello del presunto arrivo in Provenza, proprio nella zona di Rennes Les Bains, di Maria Maddalena e, forse, dello stesso Gesù, scampato alla crocifissione (di qui, si dice, il tipico disprezzo dei Templari per il crocifisso, sul quale erano accusati di sputare).

Ammettendo che questo fosse vero, è evidente che dovrebbe pur esistere da qualche parte, in quella zona, la loro tomba, ed è altrettanto evidente che questo è inammissibile per la Chiesa, che fonda la propria autorità sul dogma della resurrezione e sull'eredità di Cristo in favore di Pietro, eredità evidentemente messa in crisi dall'esistenza di "veri" eredi di Gesù e della Maddalena. Appunto per tutelare questi eredi, che, come si è detto, avrebbero dato luogo alla dinastia dei Merovingi, e per tenerli al riparo dal tentativo della Chiesa di sterminarli, sarebbe nato il fantomatico Priorato di Sion.

Qualcuno ipotizza addirittura che i resti della tomba di Les Pontils, rintracciata e profanata dall'abate Bigou verso la fine del Settecento, siano stati traslati dal curato stesso nella tomba della marchesa di Hautpoul-Blanchefort.

Di chi erano quei resti? E per quale motivo sulla lastra tombale della marchesa era inciso (pare) il motto Et in Arcadia Ego?

Ripercorriamo la strana storia della tomba della marchesa Marie de Negri d’Ablès, dama di Hautpoul-Blanchefort.