POUSSIN: LES BERGERS D'ARCADIE, 1629-30

 

 

Naturalmente, siccome la tomba di Oreste era per Baldini semplicemente veicolo di un significato allegorico connesso con la prima fase della Grande Opera alchemica, cioè la Nigredo, e più precisamente con la fase che corrisponde al caput mortuum (alla quale alluderebbe il teschio), ecco ora il critico impegnarsi nell'ardua impresa di attribuire un analogo significato allegorico anche a questo dipinto.

Che Poussin nascondesse qualche importantissimo segreto è altamente probabile, come abbiamo spiegato in un altro capitolo; che questo segreto riguardasse l'alchimia è però tutto da dimostrare.

Baldini riprende a questo punto la famosa lettera, già citata, che l'abate Louis Fouquet scrisse dall'Italia, il 17 aprile 1656, a suo fratello Nicolas, il famoso e fastoso sovrintendente alle finanze di Luigi XIV, dopo aver reso visita a Poussin a Roma (Archives de l'art français, 2e série, 1862, p.266s); la ripeto:

"Non potreste credere, Signore, né le fatiche che (Poussin) si sobbarca per il vostro servizio, né l'affetto con cui lo fa, né il merito e la probità che mette in ogni cosa. Lui e io abbiamo progettato certe cose nel merito delle quali potrei intrattenervi a fondo tra poco tempo, che vi daranno - attraverso il Signor Poussin - dei vantaggi (se voi non vorrete disprezzarli) che i re durerebbero molta fatica ad ottenere da lui e che, dopo di lui, nessuno al mondo scoprirà mai nei secoli a venire; e quel che più conta, ciò sarebbe senza molte spese e potrebbe perfino tornare a profitto, e si tratta di cose da ricercare così fortemente che nessuno oggi sulla terra può avere una fortuna migliore e forse neppure eguale".

Di che cosa si trattava?

 

 

Nicolas Poussin, Autoritratto, 1649-50

 

Secondo Baldini la descrizione di Fouquet si attaglia benissimo a quello che, all'epoca, era indicato come "il massimo segreto ermetico": la profonda conoscenza dei segreti della Grande Opera alchemica ed il suo vero scopo, ovvero la ricerca dell'immortalità. Tutto questo sulla scorta dei testi del Corpus Hermeticum, importati in Occidente solo dopo la caduta dell'Impero Romano d'Oriente (1453).

Baldini fa notare come Félibien, amico carissimo di Poussin, in un'opera intitolata Entretiens sur les vies et sur les ouvrages des plus excellents peintres anciens et modernes avec la vie des architectes, introduca nel dialogo che verte su Poussin un personaggio chiamato Pymandre, liquidato sbrigativamente dalla critica come "un amico di Poussin".

Baldini polemizza (sacrosantamente) con gli "specialisti" che, prima di lui, semplice appassionato, hanno citato questo dialogo senza rendersi conto di "chi", o meglio "che cosa", sia in effetti Pymandre:

"Non capiremo mai come sia possibile che qualcuno possa considerarsi o esser considerato specialista di qualsivoglia autore del passato, sia esso uomo di lettere, pittore, scienziato o filosofo, senza minimamente conoscere la cultura di cui quegli si è nutrito e in cui ha operato. Ma noi, naturalmente, siamo solo poveri amateurs, e non possiamo avere idea di tutti i sottili sentieri che portano al conseguimento di una vera competenza. Tuttavia ci sia concesso di segnalare che, nel nostro povero, rozzo e approssimativo mondo amatoriale, "Pymandre" è la francesizzazione del titolo - e del nome del protagonista - di uno dei dialoghi attribuiti a Ermete Trismegisto e contenuti nel famosissimo - ma solo nel nostro mondo, si capisce! - Corpus Hermeticum, portato in Italia da un monaco macedone e tradotto, nel 1460, da Marsilio Ficino. Ora, riteniamo abbastanza difficile che Félibien potesse considerare Pimandro un amico in senso letterale, visto che sapeva bene - al contrario del nostro specialista - trattarsi della manifestazione sensibile del Nous supremo."

Come dare torto a Baldini? L'errore è veramente grossolano: qualsiasi mediocre studente di liceo sa (o dovrebbe sapere) che Poimandres è il titolo del primo e più importante trattato del Corpus Hermeticum (leggibile integralmente qui).