II.
I
"RE
PESCATORI"
E
IL
"SANTO
GRAAL"
I
Romani
chiamarono
i
Salii
resi
indipendenti da
Giuliano
"i
liberi",
ovvero
gli
"affrancati",
cioè
Franchi
Salii,
per
distinguerli
dagli
altri,
i
Ripuari,
cioè
quelli
stanziatisi
sull'altra
sponda. In
quell'epoca
i
Salii
si
erano
già
spinti,
risalendo
il
Reno,
sino
al
Tournai
ed
alla
valle
della
Loira
e
da
Colonia
fino
all'odierna
Francoforte,
dando
vita
ad
un
nuovo
territorio:
la
Franconia.
Con
loro,
dunque,
inizia
il
regno
dei
Salii,
detti
anche
Merovingi,
o
"uomini
venuti
dal
mare":
il
loro
primo
re,
conosciuto
nella
storia
come
il
capostipite
di
questa
dinastia,
Meroveo (ca.
415
- 457),
è
una
figura
quasi
leggendaria,
le
cui
gesta sono
avvolte
da
un
alone
mitico,
a
cominciare
da
fatto
che
sarebbe
nato
dall'accoppiamento
della
moglie
del
re
Clodione
con un
mostro
marino.
Resta
da
comprendere
perché i
Merovingi vengano
anche
chiamati
"re
pescatori"
e
quale
legame
abbiano
con
la
tradizione
ebraica;
leggiamo
infatti
in
Gregorio
di
Tours
(VI
sec.
d.C.)
che
i
Franchi
Sicambri "emersero
nell'antica
tradizione
nazarea
per
diventare
i
re
pescatori
dai
lunghi
capelli".
E'
appena
il
caso
di
ricordare
che
il
"re
pescatore"
è
una
delle
figure
centrali
della
leggenda
del Santo
Graal,
che
dunque
farebbe
riferimento
proprio
ai
Merovingi,
mettendoli
chiaramente
in
relazione
con
Gesù
(tradizionalmente
il
Graal
è
il
calice
dell'Ultima
Cena).
Emmanuel Fremiet, Placca
argentata
raffigurante
il
re
Meroveo
vittorioso
sugli
Unni,
1867
La
fonte
principale
per
la
ricostruzione
della
storia
dei
Merovingi
è
Fredregario,
scrivano borgognone morto nel 660 d.C., che narra nella sua Cronaca la storia
dei Franchi, affermando che essa andava dai tempi remoti degli antichi Patriarchi
ebrei fino alla sua epoca; egli basa le sue affermazioni su numerose fonti d'informazione, fra cui gli scritti di San
Girolamo
(IV-V
sec.
d.C.),
dell'arcivescovo Isidoro
di
Siviglia
(VI-VII
sec.
d.C.) e
del già
citato
vescovo Gregorio
di
Tours
(VI
sec.
d.C.), anch'egli autore di una Storia
dei
Franchi. Inoltre
Fredegario, che godeva di molta considerazione alla corte borgognona, approfittò
della sua possibilità di accedere a svariati archivi ecclesiastici ed annali
statali, come già in passato era accaduto a Svetonio.
Apprendiamo
così
che
i
Franchi
Sicambri
sarebbero
stati
i
discendenti
dei
profughi
di
Troia:
tracce di questa discendenza si potrebbero trovare in alcuni nomi come quello
della città di Troyes, e perfino nel nome della stessa capitale, Parigi,
in
francese
Paris, che porterebbe né
più
né
meno
il nome del principe
Paride (in greco Paris), figlio del re Priamo di Troia.
Del
resto
i
Merovingi stessi sostenevano di discendere in linea diretta dai re dell'antica
città di Troia; secondo alcuni ricercatori odierni, poi, essi avrebbero avuto
antenati nell'antica Grecia: più precisamente sarebbero stati imparentati con la
casa reale di Arcadia, da cui ovviamente il ricorrere di questa regione
nel
motto
e
nel
mascheramento
dei
"pastori"
esoterici.
Inoltre
essi
si vantavano di discendere da Noè,
che consideravano, ancor più che Mosè, come la fonte della loro sapienza
biblica, e sono certamente connessi con la leggenda graaliana
del
"Re
pescatore"
Anfortas:
vediamo
di
far
luce
su
questa
remotissima tradizione,
che
spiega
fra
l'altro
il
legame
fra
i
Merovingi
e
i
Patriarchi ebrei.
Le
fonti
storiche
ci
informano
che
nel
IV
secolo
d.C.
i
Franchi
Sicambri
erano
in
Renania,
dove
vi
si
erano
trasferiti
dalla
Pannonia
(ad
ovest
del
Danubio)
nel
388
d.C.
sotto
i
loro
capi
Genobaude,
Marcomer
e
Sunno.
Durante
il
secolo
successivo
i
loro
eserciti
invasero
la
Gallia
romana
e
dilagarono
nell'attuale
Belgio
e
Francia
settentrionale.
Fu
a
questo
punto
che
la
figlia
di
Genobaude,
Argotta,
sposò
il
"Re
pescatore"
Faramundo
(o
Faramondo),
che
viene
spesso
citato
come
il
vero
patriarca
della
monarchia
francese.
Costui,
infatti,
era
nipote
di
Boaz
o
Anfortas,
discendente
in
linea
diretta
dal
figlio
di
Giosuè,
Aminadab,
che
sposò
la
figlia
di
re
Lucio,
Eurgen.
Dall'unione
di
Argotta
e
Faramundo nacque Clodion, padre di Meroveo.
Ora,
si
dice
che
Giosuè
fosse
il
figlio
di
Giuseppe
Rama-Theo,
a
sua
volta
figlio
di
Gesù
e
Maria
Maddalena:
questo
farebbe
perciò
dei
Merovingi
gli
eredi
diretti di
Gesù.
L'albero
genealogico
viene
ricostruito
così:
Esiste
infatti
una
tradizione
(legata
soprattutto
al
Vangelo
apocrifo
di
Filippo)
secondo
la
quale Maria
Maddalena sarebbe
sfuggita ad una
persecuzione rifugiandosi
in Provenza. Avrebbe poi risalito il Rodano
raggiungendo la tribù dei Franchi Sicambri, che non sarebbero stati altro che
i
discendenti
della
tribù
ebraica di Beniamino, fuggita in Arcadia
in
seguito
alla
terribile
guerra
fratricida
raccontata
nella
Bibbia
(Giudici
19)
e,
forse,
adombrata
dal
mito
greco
delle
Danaidi:
ecco
un'altra
possibile
ragione
della
ricorrente
allusione
all'Arcadia
in
relazione
ai Merovingi
e
del motto Et
in Arcadia ego
fatto
proprio dal
Priorato
di
Sion.
La
tappa
successiva
della
tribù
di
Beniamino
sarebbe
stata
la Francia, precisamente
la
regione
delle
Ardenne.
Stando
a
questa
parte
della
tradizione, che
considera
Maria una
principessa
della
tribù
di
Beniamino,
quando
ella
cercò
riparo
in
Francia
era incinta
di Gesù,
il
quale, secondo una
tradizione
apocrifa
che
fa
capo
ad
alcune
sette
gnostiche,
era scampato alla
crocifissione
(la
questione
è
stata
dibattuta
in
un
capitolo
a
parte);
se
anch'egli
abbia
raggiunto
la
Francia
con
Maria
Maddalena
non
è
dato
sapere:
su
questo
tale
tradizione
è
stranamente
dubbiosa
e
reticente,
mentre l'arrivo
in
Provenza
della
Maddalena
è
dato
per
certo.
Da
questo
terzo
figlio
di
Maria
e
Gesù, Giuseppe
detto
Rama-Theo,
sarebbe
appunto
discesa
la
stirpe
dei
"re
pescatori",
confluita
poi
in
quella
dei
Merovingi.
Faramondo,
comunque,
non
sembra
essere
stato
l'unico
coniuge
di
stirpe
messianica:
senza
dilungarci
troppo
(per
i
dettagli
si
veda il
sito
antiqua.altervista.org),
Argotta
stessa
era
imparentata
con
questa
stirpe,
per
cui la
successione
merovingia
che
derivò
da
Faramundo
ed
Argotta
sarebbe
stata
doppiamente
desposynica
(desposyni venivano
chiamati
i
presunti
discendenti
della
famiglia
di
Gesù).
Il
titolo
che
questi
re
Franchi
assumevano
era
quello
di
"Custode
e
Signore",
il
che
rimanda
inevitabilmente
all'accezione
metaforica
della
figura
del
pastore-custode
che
abbiamo
visto
essere
legata
all'Arcadia
cinque-seicentesca.
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