B.
L'ACCADEMIA
DELL'ARCADIA
Ma
com'è
possibile
che
proprio
l'Arcadia
segni la
fine
del
genere
pastorale?
Non
è,
questa,
una
singolare contraddizione?
Bisognerà
a
questo
punto,
per
tentare
di
capirci
qualcosa
di
più,
spingere
lo
sguardo
un
po'
più
a
fondo
nella
strana
istituzione
chiamata
Accademia
dell'Arcadia.
Fondata a
Roma
nel
1690, l'Accademia
ebbe
come
fulcro
la figura
della Regina
Cristina di
Svezia; la
sede
era chiamata
"Bosco
Parrasio",
una
villa
sulla
salita
di
via
Garibaldi
sulle
pendici
del
Gianicolo;
i
membri
erano
detti
"pastori",
come
protettore
fu
scelto
Gesù
bambino
(ufficialmente
perché
fu
adorato
per
primo
dai
pastori),
ma
come
insegna,
in
apparente
contraddizione,
venne
scelta
la
siringa
del
dio
Pan,
cinta
di
rami
di
alloro
e
di
pino.
Ogni
partecipante
doveva
adottare, come
pseudonimo,
un
nome
di
ispirazione
pastorale
greca,
assumendo
così,
come
già
nell'antico
"Circolo
di
Cos",
una
nuova
identità.
I teorici dell'Arcadia furono soprattutto Gian Vincenzo Gravina e il
già
citato
Crescimbeni; i poeti di maggior rilievo furono Carlo Innocenzo
Frugoni, Paolo Rolli, Jacopo Vittorelli, Ludovico Savioli e Pietro
Metastasio. Lo scopo dichiarato
dell'Accademia
era
meramente
letterario:
essa
si
prefiggeva
di
romper guerra alle gonfiezze del secolo, e ritornare la poesia
italiana per mezzo della pastorale alle pure e belle sue forme, per dirla
con
le
parole
di
Gaetano Moroni (Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, Venezia, 1852, Vol. LIV, pag. 7).
Ritratto
di
Cristina
di
Svezia
Ma
siamo
proprio
sicuri
che
si
tratti
solo
di
questo?
Leggiamo
ciò
che
scrive
in
proposito
Franco
Baldini
sulla
rivista
Episteme
(Et
in
Arcadia
Ego
- Semantiche mito-ermetiche in alcuni quadri
di Guercino e Poussin):
"Già in Petrarca la poesia pastorale
è un contenitore buono a tutte le allegorie - estetiche, morali,
gnoseologiche, politiche, ecc. - e con l'Arcadia di Sannazzaro diviene
esplicitamente veicolo di iniziatismo: in questo romanzo si tratta sostanzialmente
- come nella famosissima, ed ancor oggi altamente enigmatica, Hypnerotomachia
Poliphili - di un'allegoria iniziatica imperniata sul tema ermetico
della morte e della resurrezione. E così sarà per lungo tempo,
attraverso il Marino e fino all'Accademia dell'Arcadia, di fatto
nata - con il nome di Accademia di Camera - nel salotto di Cristina
di Svezia".
Come
si
vede,
Baldini,
attendibile interprete
dell'ermetismo
quattro-cinquecentesco,
non
sembra
nutrire
il
minimo
dubbio
a
proposito
del
carattere
allegorico
ed
iniziatico
dell'Arcadia
del
Sannazaro,
che
sembra
sfuggire
ai
più;
ma
eccoci
al
punto
più
interessante
dell'intera
faccenda:
proprio
la
regina
di
Svezia
era,
a
quanto
pare,
dedita
a
pratiche
alchemico-occultistiche,
alle
quali
fa
espresso
riferimento l'abate Francesco
Cancellieri quando scrive:
"La celebre Cristina Alessandra, Regina di
Svezia,
dopo di aver rinunciato il Regno, ed abbracciato la Religione
Cattolica Romana, nel 1655, scelse per suo soggiorno questa Città,
ove si applicò interamente a proteggere le Scienze, le Lettere,
e le Belle Arti, fino al 1689, in cui terminò di vivere.
Fra le sue occupazioni volle ancora tentare di rinvenire l'Arte cotanto
decantata, e non mai trovata di far l'Oro. Onde fatti costruire
nella propria abitazione vari Laboratori, invitò i Dilettanti
di una tal'Arte, ad andare a fare in essi le loro operazioni, somministrando
loro, quanto occorreva per eseguirle."
Com'è
noto,
"l'arte
di
far
l'Oro"
è
l'alchimia. Si
tratta
di
un'arte
essenzialmente
ermetica,
nel
senso
letterale
del
termine:
basata
cioè,
a
quanto
si
dice,
sugli
insegnamenti
di
Hermes
Trismegisto.
Stando
a
diversi
autorevoli
interpreti
del
fenomeno,
essa,
al
contrario
di
ciò
che
si
pensa
comunemente,
non
era
indirizzata
al
mondo
materiale,
ma
a
quello
mentale-spirituale:
non quindi
alla
trasmutazione
di
un
metallo
in
un
altro
più
pregiato,
ma
al
passaggio
da
uno
stato
imperfetto
ad
una
condizione
di
raffinamento
interiore
e
di
perfezione
spirituale
tale
da
poter
fare
a
meno
della
materia,
per
conquistare
così
l'immortalità,
in
linea
con
quanto
affermato
nel
Poimandres,
il
trattato
che
apre
il
Corpus
Hermeticum,
leggibile
per
intero
qui.
La
leggenda
della
pietra
filosofale,
grazie
alla
quale
i
metalli
vili
potevano
essere
mutati
in
oro,
sarebbe
stata
perciò
semplicemente un'allegoria
della
filosofia
ermetica,
e alla
fine
adombrerebbe
la
ricerca
della
vita
eterna
mediante
pratiche
chimiche,
filosofiche ed
occultistiche
di
vario
genere.
Ora,
considerato
che i
reali
interessi
della
regina
Cristina
(e,
si
presume,
del
suo
entourage
bucolico) con
i
pastori
e
la
pastorizia
non
hanno
assolutamente
niente
a
che
fare,
si
potrebbe
arrivare
ad
ipotizzare
che
la
maschera
bucolica
sia
stata
assunta
da
questi
stravaganti
intellettuali
appunto
per
occultare
attività
di
tutt'altra
natura;
e
che
"Arcadia"
sia
semplicemente
una
specie
di
parola
d'ordine,
di
segnale
di
riconoscimento
fra
adepti
di
sette
accomunate
dal
denominatore
comune
degli
interessi
ermetico-alchemici.
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