I PASTORI COME CUSTODI DI UN SAPERE ESOTERICO

 

 

Ci troviamo quindi di fronte ad un paradosso: la figura del Pastore come depositario di arcani segreti religiosi nasce da un errore interpretativo: la parola Poimandres tradotta "ad orecchio" sulla base di ciò che essa sembra significare in greco.

Ad ogni modo questa precisazione è puramente filologica ed ha poca importanza ai fini del nostro discorso, dal momento che, per l'appunto, in Occidente  si diffuse da subito l'erronea convinzione che Poimandres significasse appunto "pastore di uomini" o "uomo-pastore", e su questa convinzione si è basata tutta la tradizione ermetica posteriore.

Ecco cosa scrive in proposito Françoise Bonardel, docente di filosofia della religione alla Sorbona, nel suo La via ermetica (Atanòr, Roma, 1998), sottolineando il ruolo fondamentale di Alessandria d'Egitto nella trasmissione del Corpus Hermeticum in Occidente:

"Uno dei primi commentatori moderni dell'ermetismo, Louis Ménard, ha evocato 'quella sorprendente chimica intellettuale il cui laboratorio principale si trovava ad Alessandria'. I libri ermetici avrebbero rappresentato l'elemento unificatore tra gli gnostici (sia le sette conosciute con questo nome sia la scuola ebraica di Filone l'Alessandria) e i neoplatonici Plotino e Ammonio Sacca. Ménard pone anche l'accento su quella sorta di tradizione "pastorale" - il Pimandro è in effetti un pastore - derivata dalle scuole dei terapeuti egiziani (Ménard rinvia al De agricultura di Filone, al Pastore di Erma e al Timeo di Platone). L'insegnamento di questa tradizione si sarebbe tramandato proprio attraverso la rivelazione ermetica, per la quale il Trismegisto diviene l'iniziato e l'iniziatore supremo della Gnosi".

 

 

Hermes Trismegisto in un'antica incisione

 

E poco oltre: "Il Corpus Hermeticum offre quindi da un trattato all'altro, da un discorso all'altro, da un incantesimo all'altro, degli esempi di questa catena di iniziati destinata a perpetuare la tradizione ermetica: dal Nous a Pimandro, da Pimandro ad Ermete, da Ermete a Tat, da Iside a Horus... è sempre il solo e unico Verbo divino che pneumatizza la Creazione attraverso coloro che ne sono i 'pastori'".

E' doveroso però sottolineare che esiste una tesi che porta in tutt'altra direzione: infatti, secondo alcuni studiosi, la tradizione "pastorale" arcadica sarebbe semplicemente una delle maschere assunte nel corso del tempo dal Priorato di Sion, fantomatica istituzione nata per proteggere la stirpe dei Merovingi creduta estinta: tale stirpe discendeva dai Franchi Sicambri, a loro volta presunti eredi della tribù di Beniamino e di Gesù e Maria Maddalena (ella stessa considerata appartenente alla tribù beniaminita).

La "maschera" di pastori sarebbe stata scelta in omaggio all'Arcadia, regione eminentemente pastorale, che, secondo Erodoto (Storie II, 4), fu la sola ad accogliere favorevolmente le Danaidi, il cui mito, secondo diversi autorevoli studiosi tra cui Robert Graves, adombrerebbe l'arrivo in Grecia di "genti della Palestina", forse proprio i Beniaminiti; e se questa spiegazione può apparire alquanto inconsistente, ne esiste un'altra forse più persuasiva: infatti il titolo che ogni re dei Franchi Sicambri assumeva quando saliva al trono era quello di "Custode e Signore" del suo popolo, una sorta di "Buon Pastore", il che potrebbe facilmente spiegare la tradizione della figura del pastore-custode fatta propria dal Priorato in quanto tutore e difensore dei discendenti di Gesù e della Maddalena.

Questa tesi che abbiamo definito "graaliana", per quanto in apparenza fantasiosa e non suffragata da prove certe, oltre che screditata dal suo disinvolto utilizzo all'interno de Il Codice Da Vinci di Dan Brown, non può essere accantonata senza un adeguato approfondimento: ad essa abbiamo dedicato il capitolo L'Arcadia e il Priorato di Sion e l'excursus sui "re taumaturghi", ai quali rimandiamo.