ARCADIA E MASSONERIA

 

 

La replica di Bruno d'Ausser Berrau all'intervento di Baldini sopra riportato è precisa e puntuale: egli nega che l'Arcadia abbia mai avuto le connotazioni esoteriche attribuitele da Baldini. Leggiamo infatti:

 

"Il problema, posto invece dal Baldini, del transfert di un "qualcosa" di nascosto - una custodia insomma - dalla maschera delle pastorellerie a quella muratoria, non si pone, per la semplice ragione che l'universo allegorico (non simbolico) del mondo arcadico non solo è diverso da richiami edificatori, ma è di tipo totalmente letterario mentre questa dimensione manca totalmente nella Massoneria ancorché molti letterati possano averne fatto parte. [...] Sembra opportuno aggiungere che, mentre l'aspetto esoterico della Massoneria è sempre stato presente e noto - determinando anche l'irriducibile ostilità di spiriti timorosi - la forma ludica e manieristica dell'Arcadia mai ha lasciato anche soltanto intravedere quest'ordine di interessi. Tant'è che, purtroppo misconosciuto, nel difficile 1943 (18 Août), su una rivista accademica francese (Cahiers Guillaume Baudé) apparve, quale vera rivelazione, uno studio (Paul Maury, Le secret del Virgile et l'architecture des Bucoliques) sul senso nascosto delle Bucoliche, la cui arcana architettura, è lì, con grande abilità, portata alla luce, rendendo così, infine, chiare le ragioni del perché Dante possa aver scelto Virgilio qual guida pel suo viaggio iniziatico. Ma tali contenuti non sembrano proprio aver assillato gli Arcadi, tutti presi dai trastulli del bello scrivere e dagli snobismi villerecci dei tanti disutili ed inoperosi di quegli anni lontani."

 

E' evidente che d'Ausser Berrau appartiene alla folta schiera di coloro che pensano che gli Arcadi fossero, come detto all'inizio, un gruppo di nobili scioperati e nullafacenti, anche un po' ridicoli, dediti alle pastorellerie per semplice mancanza di qualcosa di più serio da fare. Inoltre egli, come molti, riconosce all'Arcadia una dimensione puramente letteraria.

 

 

Sir Peter Lely, Ritratto di Lady Belasyse in veste di pastorella, 1650 circa

 

Conosciamo già l'opinione di Baldini in proposito; infatti eccolo ribadire con estrema decisione quella che è la sua tesi, già esposta nelle pagine precedenti:

 

Questo lo contesto fermamente. L'"Arcadia" di Sannazzaro è esplicitamente - come la famosissima, ed ancor oggi altamente enigmatica, "Hypnerotomachia Poliphili" - un'allegoria iniziatica imperniata sul tema ermetico della morte e della resurrezione: basta leggerla. Cito Rinaldo Rinaldi, dal capitolo nono del secondo volume del terzo tomo della "Storia della civiltà letteraria italiana" diretta da Giorgio Barberi Squarotti (UTET): "Opera sincretistica come l'"Hypnerotomachia", l'"Arcadia" è poi anch'essa tramata su un'allegoria iniziatica: anche Sannazzaro privilegia un mito di morte e rinascita..." [...]

E così sarà per lungo tempo, attraverso il Marino e fino all' "Accademia dell'Arcadia", di fatto nata - con il nome di "Accademia di Camera" - nel salotto di Cristina di Svezia. [...] Esattamente come in massoneria, si tratta di iniziazione, morte e resurrezione. Il movimento "Arcadico" è un movimento iniziatico. [...] Ora, agli inizi del Settecento l'"Accademia dell'Arcadia", che pure sopravvive ancora per lungo tempo, è già completamente svuotata di significato, mero gioco letterario: non interessa più nessuno, salvo qualche letteratucolo di secondo piano. Non c'è più esoterismo né iniziazione, lì: quelli che contano sono andati via. Invece, nello stesso periodo, la gente entra in massoneria: non sarà perché quelli che sono andati via di là sono venuti di qua?

 

Come si vede, queste parole di Franco Baldini confermano in pieno la tesi da noi sostenuta in precedenza, ossia che l'Arcadia non fosse altro che un fenomeno "di facciata", una copertura per mascherare interessi esoterici che verso l'inizio del Settecento sembrano abbandonare del tutto il movimento, ma ricompaiono proprio in quegli stessi anni - guarda caso - all'interno della nascente Massoneria.

Molto interessante è poi l'osservazione che Baldini "butta lì" en passant, azzardando una sua interessante risposta al problema dell'associazione fra i pastori-custodi e l'Arcadia:

 

Così come i "muratori" settecenteschi non erano muratori qualunque ma muratori d.o.c., cioè "liberi", i "pastori" quattro-cinque e seicenteschi non erano pastori qualunque ma "d'Arcadia". E perché? Secondo me ciò si riferisce al racconto di Erodoto, secondo cui le figlie di Danao portarono i misteri di Demetra-Iside in Grecia e li insegnarono alle donne dei Pelasgi: questi riti, scomparsi con l'invasione dorica, furono conservati solo presso gli Arcadi. I pastori d'Arcadia erano anche i custodi della tradizione isiaca: questo è un punto decisivo per capire la ragione per cui tutti quei nobiloni e sapientoni esoterizzanti si sono messi di colpo a "pastorellare". Ricordo che, nel Quattrocento, Erodoto era già disponibile in versione latina e addirittura in un volgarizzamento.

 

Come abbiamo ribadito più volte, infatti, l'arrivo delle Danaidi in Grecia (precisamente nel Peloponneso), raccontato da Erodoto e messo in scena anche  da Eschilo nella trilogia delle Danaidi, è uno strano fil rouge che collega del tutto imprevedibilmente il filone arcadico ermetico con quello "graaliano" attraverso la tribù di Benianimo (che potrebbe essere adombrata dalla figura di Danao) ed il suo presunto legame con la dinastia dei Merovingi.