ARCADIA E MASSONERIA

 

 

C. DALL'ARCADIA ALLA MASSONERIA

Torniamo quindi alla domanda dalla quale siamo partiti: esiste una connessione fra l'Arcadia e la Massoneria? Di primo acchito sembrerebbe di poter rispondere affermativamente, ma procediamo con cautela.

Ci sembra illuminante, a tale proposito, una vivace ma civilissima polemica svoltasi anni fa (nel 2001) sul numero 3 della rivista Episteme tra Bruno d'Ausser Berrau e il solito Franco Baldini, originata da un intervento di quest'ultimo dal titolo Una questione relativa alle origini della Massoneria. In esso l'autore faceva notare la singolare analogia tra il modo in cui si è costituita la Massoneria delle origini ed modo in cui è sorta l'Arcadia seicentesca. Ne riportiamo alcuni stralci:

 

"La spiegazione classica - accettata da tutti - delle origini della Massoneria la fa storicamente derivare dalle associazioni dei costruttori medievali. Queste ultime avrebbero fin dall'inizio contenuto anche dei non-operativi. Agli inizi del Settecento i non-operativi sarebbero divenuti la maggioranza dando così alla Massoneria i caratteri speculativi che da allora in poi ha sempre avuto.

Fino a poco tempo fa questo modo di vedere le cose non mi sembrava discutibile. Tuttavia recentemente, per ragioni che non è qui il caso di evocare, sono stato portato a occuparmi dei periodi storici che vanno sotto il nome di Umanesimo e Rinascimento. Non ho potuto così fare a meno di notare un fenomeno che presenta analogie sorprendenti con quello massonico.

Dunque, a partire dal Settecento, un sacco di signori pieni di interessi esoterici ma che non avrebbero toccato mattoni e calcina neanche con la punta della loro canna da passeggio si fanno all'improvviso un punto d'onore di potersi chiamare "muratori": strano fenomeno, che viene spiegato come ho detto prima.

Facciamo ora un passo indietro: a partire dal Quattrocento, un altro sacco di signori pieni anche loro di interessi esoterici ma che non sapevano neanche come era fatta una pecora o una capra, perché non le avevano mai viste se non nella forma di stufato o di arrosto, si fanno ugualmente un punto d'onore di potersi definire "pastori". Tipi decisamente chic come Renato d'Angiò o lord George Stuart si fanno ritrarre in improbabili vesti pastorali, con in mano dei lunghi bastoni; intellettuali come Sannazaro scrivono cose come "L'Arcadia"; grandi pittori fanno quadri sul tema; la faccenda viene presa non come un divertimento di corte ma dannatamente sul serio e dura fino a tutto il Seicento, fino all'Accademia dell'Arcadia fondata da Cristina di Svezia.

Poi zac, tutto finisce di colpo. Al volgere del secolo - non si capisce perché - non gliene frega più niente a nessuno della pastorizia perché gli stessi signori corrono in massa a interessarsi all'edilizia. Non è strano?

 

 

Antony Van Dyck, Ritratto di Lord George Stuart in vesti di pastore, 1638

 

Ora, se noi tentiamo di spiegare la genesi del movimento arcadico come spieghiamo quella del movimento massonico, ci rendiamo conto di colpo dell'incongruenza: dovremmo ammettere che, fino al Trecento, siano esistite associazioni di pastori "operativi" che includevano anche qualche "speculativo", che so, il veterinario e il commerciante di formaggio; dopodiché, con il Quattrocento, gli "speculativi" diventano la maggioranza e la "pastorizia teorica" si stacca definitivamente dal mestiere effettivo del pastore. Ridicolo.

Insomma, quello che ha cominciato a disturbarmi nella spiegazione delle origini della Massoneria è che funziona bene solo per essa, mentre, se si cerca di applicarne lo schema a un fenomeno precedente ma assolutamente analogo come quello dell'Arcadia, diventa notevolmente sciocca. Perché invece non ipotizzare che i signori quattrocenteschi che iniziarono il movimento arcadico intendessero il termine "pastore" nel suo senso metaforico, cioè in quello di "custode", intendendo che erano tali non perché eredi di qualche forma di "pastorizia operativa", sul tipo della mungitura, ma perché custodivano qualcosa, per esempio una tradizione riservata? Non è esattamente quello che fanno i preti? E perché lo fanno? Non certo perché Cristo era effettivamente un pastore ma perché una volta fece un uso metaforico del termine.

Supponiamo dunque che questi signori si definissero "pastori" perché si consideravano i custodi di qualcosa: ciò significa che questo qualcosa c'era ed era anche in buona salute. Si arriva alla fine del Seicento e la pastorizia perde di colpo interesse. Ciò potrebbe voler dire che comincia a mancare la cosa da custodire: un pastore senza gregge (foss'anche un gregge di conoscenze) che pastore è? Ecco allora che, in un breve volger d'anni gli stessi signori si sbrigano a diventare "muratori": passano cioè dall'idea del "custodire" a quella del "costruire", anzi, più precisamente, del "ricostruire". Abbiamo qui l'idea che qualcosa si è perso, si è rovinato, quindi non può più essere semplicemente custodito ma va ricostruito.

Questo modo di vedere le cose risolve di colpo una contraddizione insita nel pensiero massonico che, da una parte, pretende di risalire addirittura ad Adamo, dall'altra non va oltre la fine del Seicento. Ma se la continuità non fosse edilizia bensì pastorale, si potrebbe andare indietro di ben tre secoli. E si risalirebbe esattamente al periodo (che va dalla prima crociata all'impresa culturale di Cosimo il Vecchio) in cui un certo tipo di tradizione culturale egizio-ellenistica viene gradualmente portato in Europa. Quando questo sapere raggiunge la massa critica costituisce una trasmissione e i depositari ne divengono autenticamente custodi, i "pastori"."

 

Le osservazioni di Baldini ci sembrano assolutamente pertinenti, e danno ragione della traduzione in termini metaforici della figura dei pastori (così come di quella successiva dei muratori), anche se non spiegano affatto, per ora, per quale motivo questi pastori dovrebbero esplicare la loro attività proprio in Arcadia.